Dario Cambi, LeG ValdiCornia, 26-05-2009
Appena il bravissimo attore Fabio Carraresi, voce scenica di alcuni dei più toccanti passi del bel libro “Lotta civile” scritto dalla giornalista Antonella Mascali, ha finito di leggere la struggente lettera di Saveria , madre di Roberto Antiochia, ucciso a 23 anni a Palermo mentre era di scorta al commissario Ninni Cassarà, il pubblico presente all’incontro del 20 Maggio organizzato da Libertà e Giustizia a Piombino, rompe a fatica la commozione ed inizia a discutere con l’autrice di attualità delle mafie, di lotta all’illegalità, di valori fondanti e di come oggi sia importante riaffermarli.
Un dibattito serrato ed appassionato in una libreria, ricco anche di testimonianze dirette come quella di Anna che ha visitato quei luoghi e le terre confiscate alla mafia , che potrebbero far sembrare Piombino così distante dagli episodi criminosi citati dai familiari delle vittime di mafia e documentati nel libro, che fedelmente dà loro la parola e ne esalta di ognuno il percorso difficile, dal dolore personale all’impegno civile.
Eppure non siamo affatto così distanti da ciò che oggi le varie mafie rappresentano concretamente, così presenti e attive nel cuore economico e sociale di oramai gran parte del Paese, anche dove viviamo e pensiamo di esserne immuni per una pura casistica geografica.
E allora si discute con passione di mettere in moto le coscienze su di un punto focalizzante.
E’ essenziale, anche attraverso incontri come quello promosso dal locale circolo ValdiCornia di Libertà e Giustizia, tenere sempre viva una memoria civile, soprattutto per le nuove generazioni che difficilmente potranno, attraverso i media, ricevere e far propri i valori che ci hanno trasmesso persone come Giuseppe Fava, Rocco Chinnici, Beppe Montana, Roberto Antiochia, Marcello Torre, Silvia Ruotolo, Libero Grassi, Mauro Ristagno, Renata Fonte ed altri, certamente meno famosi dei vari Falcone e Borsellino, ma altrettanto punti di riferimento morale.
Gente semplice come noi, poliziotti, commercianti, sindaci, giornalisti, donne e giovani che hanno pagato con la vita il loro impegno per affermare la dignità della persona, la libertà di esprimere idee e di condurre giuste battaglie civili.
Non eroi perché, come ha detto in un passo della conversazione con l’autrice Giovanni Chinnici, figlio di Rocco Chinnici, “se noi pensiamo che chi è stato ucciso è un eroe ci forniamo l’alibi per non far niente”.
Ma la memoria ed il ricordo, se sono così importanti per l’esempio di abnegazione incarnato, in antitesi ai disvalori che spesso vengono apertamente o indirettamente trasmessi attraverso la massificazione e la diseducazione mediatica, non sarebbero sufficienti se non si accompagnassero ad uno sforzo più profondo e capillare per una nuova crescita e diffusione di una cultura dell’impegno civile e della legalità, di una vera e propria “ lotta civile” appunto.
Di questo abbiamo voluto sopratutto parlare a Piombino . Ma anche dei rischi di banalizzazione e di sottovalutazione di un fenomeno, quello della cultura “mafiosa”, che sta invece prendendo sempre più spazio nell’opinione pubblica, pervasa di passività e talora di omertà. Così come di quell’insidiosa penetrazione dell’ industria malavitosa nelle nostre economie, attraverso fenomeni oramai evidenti di riciclaggio, d’infiltrazione nei gangli della pubblica amministrazione e della politica a tutti i livelli.
E la crescita della rendita immobiliare, dei cedimenti ad una sempre più massiccia offerta di costruzioni, spesso senza un piano territoriale preordinato e senza un accurato monitoraggio degli appalti e dei subappalti, può agevolare questo inquinamento. Così come, in una situazione di grave crisi economica per molte nostre imprese, potrebbe a sua volta rappresentare un motivo serio d’infiltrazione mafiosa l’inserimento di aziende, spesso gestite da prestanomi, che rilevassero tali attività e ne intrecciassero i legami con altre organicamente legate alla malavita, allo scopo di riciclare denaro sporco proveniente da ogni parte d’Italia. L’esempio di ciò che in questi giorni è accaduto a Milano, del resto, con morti da faida camorristica, ne testimonia oramai il passaggio ad un livello guerresco di quello che, fino a ieri, poteva solo definirsi un sospetto di infiltrazioni nell’economia del nord.
C’è un filo rosso dunque che lega le iniziative di Libertà e Giustizia, attiva anche in piena campagna elettorale su temi apparentemente collaterali della lotta alle mafie.
E’ la lotta all’illegalità in qualunque forma si possa presentare nel nostro paese oggi.
Dal cattivo esempio fornitoci da chi, come il Premier Berlusconi, approfitta delle Leggi “ad personam” per esimersi dall’essere giudicato come tutti i cittadini per accuse gravissime di corruzione, dai continui episodi di delegittimazione del Parlamento da parte di questo Governo, dai rischi di regime dispotico incombenti con la Costituzione che viene continuamente esautorata e messa in un angolo da un potere esecutivo sprezzante dei principi liberali che l’hanno ispirata, dalle leggi razziste e xenofobe approvate senza poterle nemmeno discutere, dal clima di crescente demagogia e populismo che si sta diffondendo nel paese dove un premier, solo perché ha la maggioranza dei voti, ritiene di poter agire senza l’impaccio dei contropoteri istituzionali e, nel pieno disprezzo delle diversità di opinioni manifestata dalle opposizioni, minacciare il sovvertimento della Costituzione a colpi di maggioranza o di referendum plebiscitari.
Un impegno di democrazia diretta, quindi, di partecipazione e di cittadinanza attiva, diventa necessaria laddove le degenerazioni delle democrazia “rappresentativa” hanno ormai trasmesso un senso di sfiducia e di scollamento fra il cittadino e la politica. Solo un forte recupero di passione individuale e di senso dello Stato come ” bene pubblico” può far riprendere un percorso virtuoso che sia anche il più forte antidoto allo scivolamento verso l’illegalità intesa come schema privilegiato per un facile raggiungimento delle soluzioni ai reali bisogni delle persone.
martedì 26 maggio 2009
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