mercoledì 21 ottobre 2009

Un saluto a tutti i lettori.
Questo è l'ultimo post in questo blog. Ho ricevuto molti complimenti per la gestione di GL!, molti mi hanno esortato a continuare, molti trovavano interessanti gli argomenti che qui venivano proposti.
Purtroppo però il tempo necessario alla gestione di GL! non era poco e senza aiuti era difficile poter gestire il tutto.
Per questo motivo ho deciso di chiudere questo blog, a meno che qualcuno non si faccia avanti con l'intenzione di gestirlo in prima persona. La mail la sapete, giustizia_e_liberta@tiscali.it, basta scrivere li e mettersi d'accordo.
Io dunque lascio, per mancanza di tempo, anche se non mollo. Ho intenzione infatti di aprire un alro blog, questa volta su "Il Cannocchiale", il quale però sarà solo un blog di opinione e ci scriverò quando avrò tempo, evitando di riportare anche ciò che trovo di interessante sulla rete come facevo qui.
Vi saluto tutti e spero di ritrovarvi su "Il Cannocchiale". A presto!

lunedì 19 ottobre 2009

Anche le Iene non ridono più

di Peter Gomez

C’erano una volta le Iene, un gruppo di ragazzacci che osava ridere in faccia a Berlusconi, mostrare il razzismo della Lega e sbeffeggiare le leggi ad personam. C’erano, ma non ci sono più.

Oggi la trasmissione diretta da Davide Parenti, coautore con Antonio Ricci degli show-cult degli anni 80, è solo l’ombra del suo passato. È in crisi di ascolti, di creatività.

E, quel che è peggio, è costretta a fermarsi persino davanti a onorevoli di seconda fila, come Gabriella Carlucci.

È successo martedì scorso quando, dopo una serie di telefonate con i vertici Mediaset, non è andato in onda un servizio che raccontava come l’ex conduttrice fosse stata condannata a pagare 10 mila euro di stipendio arretrato alla sua portaborse parlamentare. Stessa sorte era toccata, un mese fa, a un pezzo sull’immigrazione che metteva in imbarazzo il ministro Roberto Maroni.

Per questo, Fedele Confalonieri e Silvio Berlusconi, che fino a ieri citavano le Iene e Enrico Mentana come la prova della libertà di mediaset, oggi parlano d’altro. Le foglie di fico non servono più. Il regime non si nasconde per farsi accettare, ma in televisione mostra il volto peggiore per far paura. I tempi, insomma, sono cambiati. Anche nel 2001 il premier era sotto processo per corruzione. Anche allora c’era un giornalista che pedinava un magistrato considerato nemico del gruppo.

Era la Iena Alessandro Sortino. Ma non seguiva Ilda Boccassini, per mostrare le sue calze o per insinuare che fosse “strana”. Lo faceva per dimostrare che era indifesa e per criticare la scelta del Governo di togliere la scorta a un pm antimafia che aveva osato mettersi contro Berlusconi.

Cose di un altro mondo. Allora i vertici mediaset tolleravano che il solito Sortino inchiodasse il senatore Cirami all’omonima legge ad personam o il ministro Lunardi al suo conflitto d’interessi. Adesso è più probabile vedere una Iena sulla luna che davanti al ministro Angelino Alfano per parlare del suo Lodo. Anche allora Berlusconi inondava l’Italia di propaganda, ma il Trio Medusa osava chiedergli conto del celebre “Presidente operaio”, per poi ridergli in faccia. Anche allora l’onorevole Carlucci ebbe un corpo a corpo con il Trio. Ma quello andò in onda.

Come si è arrivati a questo punto? Per capirlo bisogna ricostruire l’escalation delle censure, partendo dalla prima. Quella subita dal programma nel 2001, quando Marco Tronchetti Provera, per fare un favore a Berlusconi, soffoca nella culla “La 7” che minaccia di danneggiare gli ascolti di Mediaset. Le Iene riprendono Tronchetti mentre balbetta improbabile giustificazioni. Il pezzo però viene fermato. In redazione si mugugna, ma si decide di lasciar correre. Così la situazione peggiora. Tanto che, quattro anni dopo, si arriva a una silenziosa protesta. Quando a essere bloccato è un servizio su Francesco Storace, le Iene si riuniscono a Roma e stipulano una sorta di patto: non diciamo niente, ma questa è l’ultima censura. Era invece l’’inizio della fine.

Oggi il Trio Medusa e Sortino non ci sono più. Alla Iena rossa, nel 2007, i vertici Mediaset avevano cancellato un servizio su Mastella e lui se ne è andato. Confalonieri, infatti, non ha voluto sentir ragioni nonostante che proprio Sortino fosse stato diffamato dal figlio di Mastella con false insinuazioni sulla sua carriera. A Segrate, del resto, Mastella è un intoccabile. Lo sa anche Enrico Lucci che, già prima di Sortino, ha dovuto ingoiare la censura di un pezzo sul medesimo politico. Il perché lo dice la cronaca. Mastella in quei mesi stoppa la legge Gentiloni sulle tv e poi fa cadere il governo Prodi. Una scelta politica, ovviamente. La decisione di un uomo, oggi eurodeputato Pdl, che dice con orgoglio: “Confalonieri? È uno dei miei migliori amici”. E chi trova un amico (di Confalonieri) trova un tesoro. Anche alle Iene.

L'inganno è nel midollo spinale

In chi crede di assumere un farmaco, la trasmissione del dolore viene inibita a livello del corno dorsale. Lo studio su Science.

Chi studia l'effetto placebo sa bene che la mente è in grado di ingannare il corpo. In che modo? Bloccando le vie di trasmissione del dolore a livello di una regione del midollo spinale chiamata corno dorsale. È quanto affermano sulle pagine di Science Falk Eippert e la sua equipe della University Medical Center Hamburg-Eppendorf, in Germania.

Attraverso tecniche di risonanza magnetica funzionale per immagini (fMRI), i ricercatori hanno osservato l’attività del midollo spinale di alcuni volontari (convinti di partecipare a un test per una crema anestetica) mentre le loro braccia erano esposte a una intensa fonte di calore. A tutti era stata data la stessa lozione farmacologicamente inattiva, ma nel gruppo che credeva di provare la crema alla lidocaina (un anestetico locale), l’attività del corno dorsale diminuiva e il dolore si alleviava.

L’esperimento condotto dai ricercatori offre la prima prova diretta del modo in cui agisce un placebo. Come riportano gli studiosi, quindi, i fattori psicologici influenzano i meccanismi di percezione ed elaborazione del dolore nei primi “compartimenti funzionali” del sistema nervoso. Le terapie che sfruttano l'effetto placebo infatti, stimolando la circolazione degli oppioidi prodotti dall’organismo, sono in grado di bloccare le vie di trasmissione del dolore che dal cervello discendono sino alla midollo spinale.

I ricercatori ammettono di non conoscere ancora l’esatto meccanismo attraverso il quale si realizza l’inibizione spinale (ovvero se avviene a livello dei neuroni pre-sinaptici, post-sinaptici o degli interneuroni), e non hanno dimostrato se lo stesso effetto si verifica anche in risposta a stimoli neutri, non dolorosi. Tuttavia, il loro studio ha il merito di aver individuato una regione del sistema nervoso che può diventare un target privilegiato per i trattamenti contro il dolore. (m.s.)

Gela, l'Europa e i processi

di Rosario Cauchi

Cosa nostra si sta riorganizzando sul territorio. Ancora alta la presenza di interessi mafiosi nella politica e nell'economia.

Gela, la città con il maggior numero di residenti dell'intera provincia di Caltanissetta, luogo conosciuto ai più per gli sfaceli ambientali generati dal sogno infranto dell'industrializzazione e per le vittime, in totale 115 nel solo triennio 1988-1991, frutto della tragica faida instillatasi tra due gruppi rivali, Cosa nostra e Stidda, è riuscita - fatto privo di qualsiasi precedente - ad esprimere un proprio rappresentante all'interno della massima istituzione europea: l'ex sindaco antimafia, Rosario Crocetta. Da poco approdato tra le fila del Partito Democratico, Crocetta è stato eletto alla carica di parlamentare europeo.

Appare quasi una contraddizione in termini il solo raffronto tra il panorama economico- sociale “patinato” dei siti delle istituzioni continentali e quello tipico del meridione italiano, che si porta dietro: disoccupazione, assenza di servizi sociali, precarietà esistenziale e molto altro.Tuttavia un esponente politico di tutto rilievo formatosi nell'estrema propaggine di un continente spesso privo d'identità ha potuto fregiarsi di un'investitura ardua da conseguire. L'assunzione di tale incarico determina, però, una fondamentale conseguenza, perlomeno in una prospettiva localistica: l'assenza di una direzione legittimata per una città dai contorni mai così complessi ed imprevedibili.

Non bisogna, infatti, dimenticare che Gela è reduce da una stagione estiva contrassegnata da molteplici attentati incendiari, i cui destinatari, semplici cittadini, imprenditori, esercizi commerciali, contribuiscono a rappresentare un raggruppamento assolutamente eterogeneo. Attraverso alcuni di questi la criminalità organizzata locale ha voluto inviare messaggi inconfutabili: l'oppressione rivolta alle altrui vite non si arresterà facilmente. Il violento attacco registratosi negli scorsi mesi si colloca, peraltro, in una fase storica assai travagliata per le cosche gelesi, private di molti “preziosi” componenti, attualmente imputati in svariati procedimenti penali.

Se la spinta della stidda sembra aver imboccato la direzione della definitiva sottomissione a cosa nostra, soprattutto in conseguenza delle defezioni di leader riconosciuti del calibro di Enrico Maganuco, Carmelo Fiorisi e Salvatore Nicastro, Cosa nostra, al contrario, si distingue per una forte volontà di riorganizzazione. Processo però, decisamente attenuato da due operazioni, condotte in coordinamento da forze dell'ordine e magistratura, denominate rispettivamente “Atlantide-Mercurio” e “Cerberus”: idonee ad imporre un drastico ridimensionamento ai due principali sodalizi di Cosa nostra, ossia le famiglie Madonia ed Emmanuello.

La prima è riuscita a penetrare entro i più profondi meccanismi del gruppo criminale facente ancora capo al boss ergastolano, Giuseppe “Piddu” Madonia, avvolgendo nella sua morsa gli stessi congiunti di quello che in passato veniva considerato il “padrone di Vallelunga Pratameno”, ovvero la moglie, Giovanna Santoro, la sorella, Maria Stella Madonia, il cognato, Giuseppe Lombardo, ed il nipote, Francesco Lombardo; l'operazione Cerberus, invece, ha ulteriormente scosso il nucleo direzionale ed operativo della famiglia Emmanuello, già destabilizzato dalla morte, avvenuta nel corso di un blitz della Polizia di Stato svoltosi presso le campagne della provincia di Enna, del dominus latitante, Daniele Emmanuello.

La caratteristica saliente emersa da tali indagini si rintraccia, indubbiamente, nella sussistenza di una penetrante interconnessione tra malavita, economia e politica. Difatti le indagini sul gruppo Madonia hanno consentito di individuare una spasmodica attenzione dello stesso nei riguardi di diversi cantieri edili attivi in città, per il tramite del factotum, Carmelo Barbieri, unita all'intenzione di accreditarsi ai massimi livelli dell'organizzazione istituzionale provinciale, interessandosi alla campagna elettorale condotta nel 2008 dall'attuale Presidente della Provincia di Caltanissetta, Giuseppe Federico.

La disamina condotta nei riguardi del clan Emmanuello ha ancor più permesso di appurare la simbiosi esistente tra i capi del consesso criminale e le imprese I.G.M. s.r.l. e I.C.A.M. s.r.l., controllate solo formalmente dal giovane imprenditore, Sandro Missuto, ma in realtà riconducibili al leader, Daniele Emmanuello, ed ancora la reverenza dimostrata, al cospetto della matrona, Calogera Pia Messina, madre dei fratelli Emmanuello, da un consigliere comunale in carica e da un ex consigliere provinciale.

Connubi oramai classici nei copioni di opere nere, purtroppo assai distanti dai palcoscenici, ma calate nell'ordinaria quotidianità di una Sicilia perennemente incerta circa scelte decisive da compiere. Se per l'operazione “Cerberus” sarà necessario attendere ulteriori mesi prima di poter raggiungere la sede del dibattimento processuale, per quella “Atlantide-Mercurio”, al contrario, la fase finale scatterà nel corso del mese di ottobre, cosicché i protagonisti della stessa possano presentarsi innanzi all'organo giudicante.

Gela così si accredita in Europa ma non è sicura di potersi ritenere indipendente dall'occulto controllo criminale.

Traffici di scorie, c'e' anche una nave fatta affondare davanti la costa di Trapani

di Rino Giacalone

Le navi cariche di scorie non venivano fatte affondare solo nel Tirreno, ma anche davanti al porto di Trapani. C’è un nome che viene fuori, ed è quello della nave «River». Una naufragio che non risulta da nessuna parte, e figurarsi come poteva accadere il contrario, ma che secondo un teste, il faccendiere per anni in contatto con servizi segretie criminalità organizzata mafiosa, Francesco Elmo, c’è stato.
Un racconto finito archiviato ma che adesso potrebbe tornare d’attualità dopo quello che va scoprendo la magistratura calabrese a proposito di navi fatte naufragare con i loro carichi mortali.
È uno filone d’inchiesta quello del traffico di scorie che è rimasto non approfondito perchè la magistratura trapanese che se ne occupava si è vista fare «terra bruciata» attorno. Sono venuti a mancare i testi. Ci sono stati tentativi di depistaggio. Ma non significa che l’indagine sia infondata. È una ipotesi, quella di questo traffico, che è poi rimasta sullo sfondo di due inchieste che nel tempo si sono avvicinate fino quasi a toccarsi, per poi tornare a dividersi e a continuare a correre su binari paralleli.
Scenario è quello di Trapani e le sue commistioni, i crocevia tra la mafia e i settori «deviati» dello Stato, la massoneria. In mezzo rifiuti tossici finiti anche sepolti nelle cave abbandonate della provincia di Trapani. Quali sono le inchieste tanto vicine? Una è quella (archiviata dalla procura di Trapani) sulla presenza di una cellula di Gladio in città. L’altra indagine è quella sul delitto (settembre 1988) del sociologo e giornalista Mauro Rostagno, che ha ripreso vigore e lì una firma si è trovata, quella della cupola mafiosa locale. Elmo ha parlato del traffico di scorie nell’ambito dell’indagine su Gladio. Potrebbe trattarsi degli stessi traffici che forse Rostagno ebbe modo di vedere spiando di nascosto un aereo che atterrava nell’aeroporto chiuso di Kinisia. Ma non solo.

Potrebbe essere la stessa indagine sulla quale si è rovata ad indagare la giornalista Ilaria Alpi. Uccisa in Somalia nel marzo 1994. Lei andando a Bosaso avrebbe trovato traccia di quei traffici. Un incrociarsi di piste da battere dal quale emerge un altro nome, quello del maresciallo del Sismi Vincenzo Li Causi anche lui morto amnmazzato non siè mai saputo molto bene da chi, mentre era in missione in Somalia. Li Causi era il capo della cellula di Gladio a Trapani. Ma non solo era uno degli uomini più fidati del premier socialista Bettino Craxi. E una parte del traffico di scorie e di armi viene ricondotto all'uso di mezzi di una società internazionale, la Scifco, indicata come vicina ad esponenti del partito socialista.

Francesco Elmo per tanto tempo ha lavorato in uno studio svizzero da dove sarebbe passata la gestione di traffici di armi e scorie. Lui incontrava i personaggi con i quali faceva i relativi affari. E c’erano anche siciliani di mezzo. Lui ha indicato anche in che maniera le scorie giungevano a Trapani, dentro camion che ufficialmente trasportavano oli esausti. Ha indicato anche il periodo, dalla metà degli anni ’80 fino al 1993.

Ora di religione: un comunicato per una scuola laica

Comunicato congiunto di Associazioni e Comitati della Scuola Per la Scuola della Repubblica e Genitori democratici
Il comunicato è stato sottoscritto anche dalla Consulta romana per la laicità delle istituzioni, dall’Associazione “31 ottobre”, dal Comitato Insegnanti Evangelici Italiani, dal Comitato Torinese per la Laicità della Scuola, dal Movimento di Cooperazione Educativa, dalla Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni, da DEMOCRAZIA LAICA, dalla FNISM, dall’associazione Giuditta Tavani Arquati, dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
COMUNICATO
Le difficoltà che in questo inizio d’anno scolastico ricadono pesantemente su coloro che non scelgono l’insegnamento della religione cattolica (IRC) inducono le nostre associazioni a intervenire pubblicamente a sostegno delle denunce di genitori, studenti, insegnanti.
A noi si rivolgono genitori democratici, studenti che credono nella laicità della scuola e si vedono costretti a subire discriminazioni senza che venga loro riconosciuto il rispetto di un diritto costituzionalmente garantito. Alle purtroppo frequenti violazioni arbitrarie del passato si aggiunge quest’anno l’alibi della scarsità di personale scolastico a causa dei pesanti tagli ai bilanci delle scuole e della grande riduzione del numero di insegnanti.
RIBADIAMO CON FORZA che sia il Nuovo Concordato (1984), sia le leggi applicative, sia pronunciamenti della Corte Costituzionale e della Giustizia Amministrativa, le stesse circolari ministeriali IMPONGONO LA PIENA FACOLTATIVITA’ DELL’IRC, e, contestualmente, il pari diritto di coloro che non si avvalgono a veder rispettate le proprie libere scelte : un’attività formativa con apposito docente, studio individuale libero o assistito, la possibilità di assentarsi dalla scuola. Trattandosi di DIRITTI è obbligo dell’amministrazione scolastica assicurarne la fruibilità .
Coloro che non scelgono l’IRC non possono venire trasferiti come pacchi da una classe all’altra, o essere costretti a rimanere in classe durante l’irc come “uditori”, o essere invitati a uscire dalla scuola per non creare problemi, se ciò non corrisponde a una spontanea richiesta.
CI RIVOLGIAMO pertanto ai DIRIGENTI SCOLASTICI, agli ORGANI COLLEGIALI delle scuole affinché prendano in esame tutte le possibili soluzioni, e, in caso di assoluta conclamata impraticabilità a garantire un’attività alternativa se richiesta NON ESITINO A RIVOLGERSI ISTITUZIONALMENTE AL MINISTERO P.I. PER OTTENERE SUBITO LE RISORSE NECESSARIE.
Ai GENITORI e agli STUDENTI non avvalenti raccomandiamo di mantenere ferma senza compromessi la rivendicazione del diritto alla propria dignità, di non tollerare che chi sceglie l’IRC- insegnamento facoltativo confessionale - fosse anche un solo alunno - disponga dal primo giorno di scuola di un apposito docente, mentre NULLA E’ PREVISTO PER CHI USUFRUISCE DEL NORMALE ORARIO SCOLASTICO DI UNA SCUOLA LAICA.
Il diritto alla libertà di coscienza è un diritto non negoziabile, riguarda la singola persona e non può essere questione di maggioranza o minoranza.
Ricordiamolo sempre!

sabato 17 ottobre 2009

Qualche pazzo è felice di pagare le tasse

Un modo sicuro per avere successo elettorale in Italia è promettere meno tasse e tagli della spesa pubblica. Gli italiani vedono le tasse come un furto, come una privazione dei frutti del loro lavoro e le ritengono sbagliate, non si è ancora capito se solo perché “sono troppo alte” o se pensano che lo siano anche concettualmente.
Io però sono di un’altra idea, penso che il problema vero, indipendentemente dal parere degli elettori, sia la qualità del servizio che ci viene offerto in cambio delle tasse che paghiamo.
Anzitutto c’è da dire che non è vero che siamo il paese dell’UE che paga più tasse, inoltre bisogna vedere a quali categorie ci si riferisce. Se pensiamo a chi paga tutte le tasse (circa il 50% del proprio reddito), senza evadere nemmeno un euro allora forse si, siamo davvero tartassati, un po’ come danesi e svedesi. Se si guarda la media generale (poco più del 40%) allora siamo in linea con paesi come Francia e Germania. Se si pensa che c’è gente che paga poco più del 30% allora possiamo dire che questi ultimi vivono quasi come fossero in un paradiso fiscale.
Però, come in ogni mercato che si rispetti, il costo effettivo della merce o del servizio non va valutato esclusivamente in baso al prezzo, bensì va valutato facendo un rapporto qualità\prezzo, ovvero confrontando un bene o un servizio con un altro dello stesso tipo e osservare la differenza di prezzo e di qualità.
Dunque, proviamo a paragonarci con chi, in Europa, paga più tasse, ovvero danesi e svedesi. In Svezia, nel 2004, si aveva una costante crescita economica, superiore a quella di molti altri paesi europei, una disoccupazione del 6% circa un’inflazione ragionevole e vantaggiosa, circa l’1% e un PIL pro capite superiore del 16% rispetto alla media europea.
Questi dati economici, a dir poco invidiabili, sono ottenuti con una tassazione incisiva e pesante, che però consente a uno Stato ben amministrato di garantire la tutti i cittadini una sanità efficiente e quasi gratuita, un’istruzione di alto livello per tutti, degli importanti aiuti per l’inserimento nel mondo del lavoro. Uno svedese a 18 o 20 anni è già indipendente dai genitori, certo è aiutato dallo Stato, ma se si sfugge a certe ideologie si può certamente notare il vantaggio di uscire di casa in giovane età, poter mettere su famiglia, avere un lavoro e un reddito sicuro, godere di una buona sanità e di una buona istruzione.
Tutti questi vantaggi chiaramente non arrivano gratis, ma si ottengono grazie a due importanti fattori: una tassazione alta e un controllo dello Stato su diversi aspetti dell’economia, da taluni ritenuti eccessivi e forse alla base di un sintomo di distaccamento dei svedesi da questo modello sociale.
Di certo però il modello svedese è assai efficiente e i problemi che ci sono (insofferenza verso l’alta tassazione, rischio di poca produttività nel mondo del lavoro) possono essere risolti garantendo un maggior soddisfazione economica ai lavoratori più produttivi, sacrificando in parte una redistribuzione dei redditi nell’età adulta che, anche secondo me, è meno importante rispetto all’assistenza di cui si ha bisogno in giovane età.
L a Danimarca invece offre una soluzione dinamica ed efficiente al problema del precariato. Essi hanno un modello del mercato del lavoro che dovrebbe essere preso in considerazione anche dall’Italia. Le aziende possono licenziare facilmente i propri dipendenti, i quali però continuano a godere del 70-90% del proprio reddito (per 4 anni, se necessario) e, soprattutto, di un piano di lavoro organizzato dallo Stato, il quale si impegna a trovare un nuovo posto di lavoro in meno di un anno, spesso anche con migliori condizioni rispetto al precedente.
La particolarità della Danimarca però è che anche loro, come noi, vivono grazie alle piccole e medie imprese, un motivo in più per tentare di imitarli.
La flexicurity dunque coniuga sia le esigenze delle imprese (maggior flessibilità) che quelle del lavoratore (sicurezza del reddito), il quale è disposto a prendere meno soldi per qualche mese, in cambio di un nuovo posto di lavoro con maggior soddisfazione economica e lavorativa.
Anche qui però è necessaria una tassazione alta, che però è ben bilanciata dalla qualità e dall’importanza sociale del servizio offerto. Un altro dato fondamentale per questo sistema però è il sistema di collaborazione: gli uffici del lavoro sono cogestiti da autorità pubbliche, sindacati e imprese. Alla base di tutto c’è quella che gli studiosi scandinavi chiamano l’economia negoziata». Le parti sociali cogestiscono gli interventi per i disoccupati e questo fa sì che l’80% dei lavoratori sia iscritto al sindacato.
Come volevasi dimostrare dunque per avere un sistema economico efficiente è necessaria la collaborazione e il dialogo, non l’individualismo, l’egoismo e “l’arte di arrangiarsi”, spesso a danno del proprio vicino, che pervadono la cultura e l’atteggiamento degli italiani.

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