di Lucia Sgueglia - Venerdi' 9 Ottobre 2009
MOSCA – Lui, Evgeny Dzhugashvili, 73 anni, dalla sua casa a Tiblisi, di tornare nella città ove suo nonno fu burattinaio dell’Urss fino al 1953, non ci pensava neppure. Anche perché col Piccolo Padre suo padre, Yakov, nato dal primo matrimonio, non andava d’accordo, tanto che un giorno tentò il suicidio per quell’incomunicabilità, ma sopravvisse. A finirlo ci pensarono i nazisti, nel 43: lo avevano fatto prigioniero in guerra, Stalin si rifiutò di scambiarlo con un alto ufficiale tedesco.
A convincerlo a volare a Mosca ci ha pensato Leonid Zhura, anni 63, convinto fan di Baffone. In Russia non è l’unico. Ad aprile ha letto su Novaya Gazeta, il bisettimanale di Anna Politkovaskaja, un articolo di Anatoly Yablokov su Katyn, la strage compiuta nel 1940 dall’Nkvd, a lungo nascosta dai sovietici, poi ammessa da Gorbaciov e Eltsin: “L'ordine di fucilare 20mila ufficiali polacchi fu dato da Stalin in persona”, c’è scritto, e “L’operato suo e della sua polizia segreta (la famigerata Ceka) nelle purghe del 1937-38 (il Grande Terrore) costituscono un crimine sanguinoso contro il proprio popolo”. Zhura non è d’accordo, e convince Dzhugashvili a far causa al giornale per “danni morali”, chiedendo un risarcimento di 299mila dollari, più 500mila rubli all’autore. Negli atti da lui depositati dichiara che la colpa di Katyn non è dei sovietici ma dei nazisti. Anche se sul documento c’è la firma di Stalin. “Non ne sapeva nulla, la colpa è dei suoi associati, firma falsa” concorda il nipote. “Vogliamo riabilitarlo – insiste Zhura usando a rovescio quel lessico legato al Disgelo, e al riconoscimento di milioni di vittime dello stalinismo. - Ha trasformato una popolazione in popolo, inaugurato un’era d’oro della letteratura e delle arti, era un vero leader”. “Dopo 50 anni di bugie riversate su di lui non può difendersi, è il momento di agire” ha detto il 16 settembre nella seduta preliminare del processo alla Corte di Basmannaya a Mosca, mentre fuori un gruppetto di suoi supporter gridava Gloria a Stalin!. Ieri, alla seconda udienza, sono accorsi 30 pensionati, alcuni con la medaglia del loro eroe sul petto. L'erede non si è presentato. Rimasti fuori dalla minuscola aula tanti giornalisti, quasi tutti da Polonia, Georgia, Ucraina, gli ex satelliti sovietici oggi impegnati in un’aspra battaglia con Mosca sull’eredità del comunismo. Che ormai sfiora la paranoia da entrambe le parti.
In Russia tanti non sono d’accordo con Zhura, sicuramente non le famiglie di quei milioni di vittime. Ma a contestare pubblicamente la versione ufficiale della storia patria offerta dal Cremlino, restano pochi. Come Memorial, la ong per i diritti umani che nasce proprio dalle ricerche dei dissidenti sul GuLag negli anni 70, e ha fornito documenti desecretati per l’articolo di Yablokov: Zhura ha fatto causa anche a loro. Del resto, alle aule giudiziarie da qualche mese Novaya Gazeta e Memorial ci han fatto l’abitudine. Martedi scorso la ong si è vista condannare a risarcire per diffamazione – per una somma molto inferiore a quella richiesta - nientemeno che Ramzan Kadyrov, padre-padrone di Cecenia: che aveva accusato di “responsabilità” per l’omicidio di Natalia Estemirova. E altre 5 querele son pronte per Novaya Gazeta dal leader di Grozny, accusato dal giornale di coinvolgimento in vari delitti.
Intanto, opposizione e liberali denunciano una “campagna di revisionismo” a favore di Stalin varata dal Cremlino. Dai nuovi libri di storia che lo definiscono “Manager efficiente” e “artefice della modernizzazione e industrializzazione sovietica”, al restauro del metro Kurskaja a Mosca, dove è riapparso il verso dell’inno sovietico inneggiante al dittatore abolito da Krushchev; il terzo posto ottenuto dal Piccolo Padre in un programma tv che elegge il personaggio-simbolo della storia russa. Fino alle recenti polemiche sul Patto Molotov-Ribbentrop: Putin in Polonia per i 70 anni dall’inizio della guerra lo ha definito, un gesto comunque importante, “immorale”, ricordando però le colpe di Francia e Inghilterra per lo scellerato accordo di Monaco con Hitler.
Esattamente il secondo conflitto mondiale è al centro del rischio di idealizzazione del Piccolo Padre nella Russia d’oggi: per i russi è la “Grande Guerra Patriottica”, la sua memoria sacra e intoccabile in virtù di quei 27milioni di caduti. E la Vittoria contro il Nazismo il merito piu grande del dirigente sovietico. Ecco perché in questi giorni un giornalista, A. Podrabinek, si trova assediato da “giovani patrioti” per aver raccontato la storia di un ristorante costretto a rimuovere l’insegna Antisovietskaja.
“Fino a poco fa tutto ciò era impensabile – nota Yablokov - Oggi ascoltiamo molto meno sulle repressioni, rispetto agli anni 90”. Per Nikita Petrov di Memorial, “è molto triste. Una visione della storia da hooligan del calcio”.
Ma parlare di revival staliniano sarebbe una semplificazione. L’operazione non è priva di contraddizioni, se si pensa che allo stesso tempo Putin ha imposto Arcipelago GuLag di Solzhenytsin come lettura obbligatoria nei licei, e guarda allo zarismo come a un modello da recuperare.
venerdì 9 ottobre 2009
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