martedì 6 ottobre 2009

Azionismo

di Giovanni Russo

1.L’annunzio che Vittorio Emanuele III aveva accettato le dimissioni a primo ministro del cavaliere Benito Mussolini, trasmesso per radio, lo ascoltai a Potenza il 25 luglio 1943 insieme a un gruppo di amici coetanei dai 17 ai 19 anni che, avendo letto la “Storia del liberalismo” di De Ruggiero, la “Storia d’Italia” di Croce e “L’apologia dell’ateismo “ di Giuseppe Renzi, vagheggiavano di fondare un movimento politico e culturale che riflettesse il loro vago antifascismo. Non so come, Michele Cifarelli che era uno dei più noti esponenti del Partito d’Azione a Bari, ci scovò. Venne a Potenza e ci convinse a fondare il Partito d’Azione di cui conservo ancora la tessera n.6 e ricordo quasi tutti coloro che c’erano. Ci impegnammo con grande fervore nell’organizzazione del nuovo Partito e nella propaganda della Repubblica in vista del referendum che si tenne nel 1946 insieme alle elezioni per la Costituente. Per noi giovani fu un periodo eccezionale. Riuscimmo a mobilitare una parte della borghesia tra cui influenti avvocati e anche molti contadini e artigiani che vivevano nei quartieri popolari della città. Ricordo ancora la vigilia delle votazioni per il referendum quando attraversammo il corso di Potenza, via Pretoria, con in testa alcuni degli avvocati più influenti di tendenza laica e dietro molta gente del popolo. A piazza Sedile ci fu un discorso di Manlio Rossi Doria, che trascinò all’entusiasmo.

2. Vorrei ricordare le ragioni ideali che portarono me e i miei amici chiusi nel mondo della provincia lucana, ad aderire al Partito d’Azione in quel lontano luglio del 1943. Erano le riflessioni di Calamandrei, espresse nel settimanale “Il Ponte”, la rivista che ha rappresentato insieme al Mondo, una voce così significativa nella cultura e nella politica italiana, insieme con il pensiero di Leo Valiani che s’ispirava a Benedetto Croce e che sottolineava come da lui e da Adolfo Omodeo si apprende l’importanza dell’impegno morale della libertà come una conquista della vita pratica. In questa atmosfera morale ci sono le radici dell’azionismo che risalgono a Piero Gobetti e che si riflettono in personaggi come Umberto Morra, Carlo Levi e anche Giovanni Spadolini che condividevano l’affermazione gobettiana dell’intransigenza. A questo proposito non posso non ricordare altre due personalità, Aldo Garosci, l’intimo collaboratore di Carlo Rosselli, e Paolo Vittorelli, rispettivamente direttore e vicedirettore del primo giornale in cui ho cominciato a scrivere l’”Italia socialista”. Li cito perchè sono l’esempio di come gli intellettuali del Partito d’Azione, checché ne dicano oggi i cosiddetti revisionisti, non erano mai stati legati da nessuna dipendenza ideologica e politica diversa dagli ideali ispiratori di Giustizia e Libertà. Altri maestri e esempi di etica politica sono Aldo Capitini e Guido Calogero , che appartengono a quel filone culturale e politico, anch’esso confluito nel Partito d’Azione.
Capitini è stato un apostolo laico che ha ispirato la politica della non violenza, e Calogero, come si sa, è uno dei maggiori pensatori e filosofi del ‘900; è lui che ha teorizzato il rapporto tra libertà e giustizia e che è protagonista della famosa polemica con Benedetto Croce che appose al liberalsocialismo la definizione di ircocervo. Il liberalsocialismo di Calogero era ricco di motivi politici e di spunti suggestivi per noi giovani che uscivano dagli schemi tradizionali anche se contraddicevano lo storicismo di Croce. E come non ricordare l’insegnamento di Ugo La Malfa, il più fedele alle idee di Croce e dei grandi meridionalisti come Giustino Fortunato e Guido Dorso e quello, ovviamente, di Carlo Rosselli e di Ferruccio Parri.
Tutti questi uomini hanno incarnato i valori etici e ideali, ancor oggi validi dell’azionismo.
Quindi la riunione di oggi non è una patetica rievocazione di reduci animata da rimpianto ma il segno che gli ideali e i fini dell’azionismo sono ancora attuali perché, al contrario di quanto Sergio Romano ha affermato nella sua rubrica del Corriere della Sera del 2 marzo 2005, il partito d’Azione non si proponeva affatto di rifare l’uomo italiano: questa missione era invece quella rappresentata dal comunismo e dal fascismo.

3.Noi giovani che allora aderimmo al Partito d’Azione lo facemmo proprio perché eravamo contro il tentativo comunista e fascista di creare nella politica ma anche nella vita letteraria e nell’arte lo stile fascista o comunista e cioè, come proclamavano, “l’uomo nuovo” forgiato secondo le regole di queste ideologie. L’azionismo invece mirava alla trasformazione della società perché vi regnassero Giustizia e Libertà.
La crisi della ideologia marxista e l’esperienza fallimentare del comunismo ispirato alla dittatura di classe hanno fatto riemergere il valore di Giustizia e Libertà e delle sue interpretazioni non solo politiche ma anche culturali, sicché l’ircocervo di cui Croce allora condannava la intima contraddizione, oggi non è più tale.
Come affermava Gennaro Sasso in occasione della presentazione di un mio libro su Carlo Levi, “oggi è di moda dire peste e corna degli azionisti, accusarli di tutti i mali della Repubblica come se non ci fossero altri esempi molto più autorevoli a rappresentare questi mali”.
Come ha scritto Paolo Bagnoli nel suo libro “L’Italia eretica”
l’idea del Partito d’Azione è l’idea di un’Italia di minoranza ma che rappresenta le radici morali di un Paese che non è condannato al disprezzo dell’etica, al servilismo, al conformismo.
I fascisti e i comunisti volevano asservire l’uomo alle loro ideologie, mentre gli azionisti, anche quelli che poi aderirono al PCI, volevano soltanto un’Italia nuova coerentemente agli ideali per cui, durante la Resistenza si batterono nelle formazioni di Giustizia e Libertà che non combattevano in nome della Rivoluzione marxista ma per la democrazia italiana. Purtroppo il loro progetto idealistico non ebbe fortuna e l’azionismo crollò come forza politica ma è rimasto come forza morale sicché oggi può pretendere di riproporre i suoi ideali in un Paese dove prevale proprio la mancanza di ideali.

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