di Simone Luciani
A volte ritornano. Speravamo di non vederli più in azione per un po’ di tempo, e invece, dopo appena qualche mese dalla surreale discussione sul testamento biologico, con riunioni convocate e sconvocate a piacimento, votazioni (a quel che si dice) ripetute fino all’ottenimento del risultato sperato, e tutto ciò per partorire un testo che non vale nemmeno più la pena di criticare, ecco il ritorno dell’allegra brigata della Commissione Igiene e Sanità del Senato (una parte, ovviamente). Cambia l’argomento, che stavolta è la pillola abortiva, ma la sceneggiatura e le tecniche restano le stesse.
Ricapitoliamo le puntate precedenti. L’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha approvato definitivamente, e senza possibilità di ripensamenti, l’immissione in commercio della RU486, la pillola abortiva. Vale la pena ricordare, ancora una volta, che si tratta di un’alternativa all’aborto chirurgico, che è in uso in quasi tutto il mondo occidentale, che tutti gli organismi scientifici internazionali che si sono pronunciati lo hanno fatto positivamente, e cioè considerando ampiamente all’interno della soglia dell’accettabilità la sicurezza e l’efficacia del farmaco (stando che, ovviamente, tutti i farmaci hanno effetti collaterali più o meno gravi). Cosa manca all’immissione in commercio? La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’atto, con le indicazioni sulle modalità di somministrazione del farmaco. Dunque, nulla che abbia a che vedere con eventuali rilievi scientifici verso la pillola. Il tutto doveva concludersi ieri, ma così non è stato. C’è stato un rinvio. Perché?
Perché Antonio Tomassini, presidente della Commissione Sanità, già tra i protagonisti dei giochi di prestigio sul biotestamento, ha inviato una lettera ai vertici dell’Aifa pregandoli di attendere i risultati dell’indagine (presunta) conoscitiva del Senato prima di adempiere agli ultimi passaggi. Si tratta dell’ideona partorita in estate da Maurizio Gasparri. Tempi previsti dagli implacabili inquirenti senatori: due mesi. Domande: il Senato acquisirà nuovi documenti, nuovi studi, nuova letteratura scientifica che l’Aifa non avesse? Ovviamente no. Il Senato ha competenze scientifiche? Ovviamente no. E soprattutto, il Senato può bloccare l’immissione in commercio di un farmaco? Ovviamente, e naturalmente, no. Immaginiamo se per ogni farmaco da immettere in commercio in Italia si svegliasse un senatore o un deputato con un’indagine da fare, e bloccasse tutto: ai malati italiani non resterebbe che emigrare per curarsi. Oppure morire. E poi: indagine con le competenze di chi? Di Gasparri?
Il compito del Senato, invece, è fare leggi. Dunque: o si tratta di un insensato spreco di tempo e di denaro pubblico, o si vuole sollevare l’ennesimo polverone sulla legge 194. O entrambe le cose. Ma crediamo che la chiave sia nella seconda possibilità, e dunque sarebbe bene che i contendenti dichiarassero i propri fini, in nome dell’onestà, senza tirare in ballo grotteschi pretesti come la ‘tutela della salute della donna’, argomento sul quale, in passato, non si sono mai distinti. Anzi…
L’Aifa ha fatto sapere di aver sospeso la propria attività sulla RU486 in nome del rispetto istituzionale. Sensibilità per la quale non pare spiccare, invece, l’allegra brigata di Palazzo Madama.
giovedì 1 ottobre 2009
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