di Silvia Cordella - 15 ottobre 2009
Adesso che la prova Regina sulla trattativa è saltata fuori i magistrati di Palermo e Caltanissetta devono fare in fretta.
Bisogna battere il ferro finchè è caldo prima che a qualcuno possa venire in mente di imbalsamare nuovamente la memoria. Il papello esiste, la prova è stata esibita da Massimo Ciancimino. Ecco le 12 le richieste del capo di Cosa Nostra allo Stato: abolizione del reato di associazione mafiosa, la revisione del maxiprocesso (con l’intervento della corte dei diritti europei), la nascita di un partito del Sud, la riforma della giustizia all’americana e poi ancora la defiscalizzazione della benzina per la Sicilia, gli arresti domiciliari per gli imputati di mafia che hanno compiuto i settanta anni di età, niente censura per la posta destinata alle famiglie, abolizione del carcare duro previsto dal 41 bis. E sul papello vergato a mano, probabilmente dal medico Antonino Cinà, stretto consigliere di Riina, è stato trovato anche un vecchio post-it giallo sul quale Vito Ciancimino aveva scritto: “consegnato al colonnello dei carabinieri Mori dei Ros”.
Una frase che attesterebbe così la veridicità della trattativa intrapresa da Mori e De Donno con Riina attraverso la mediazione di Vito Ciancimino, per chiedere a Cosa Nostra la fine delle bombe e la resa dei latitanti. In cambio Riina aveva rappresentato le sue richieste. Una in particolare rimetterebbe in discussione la tesi adottata dal generale Mori che ha sempre spostato il suo primo contatto con l’ex sindaco di Palermo datandolo il 5 agosto 1992. Si tratta della richiesta sulla soppressione del decreto sul 41 bis. Un provvedimento che è stato convertito in legge solo nel mese di luglio, dopo la strage di via d’Amelio. Se nel papello consegnato al generale Mori era contenuta quella richiesta è evidente che la stessa consegna è avvenuta in data precedente all’approvazione della legge, quindi nel mese di giugno. Una prova che metterebbe finalmente a fuoco la data esatta della trattativa che Riina in quei roventi giorni d’estate intavolò con esponenti delle Istituzioni. Uomini per esempio come Rognoni e Mancino annotati all’inizio del foglio che però hanno sempre negato di aver mai e poi mai saputo di un dialogo tra lo Stato e la Mafia. Ora per le indagini si apre un nuovo capitolo. Chi poteva concedere a Riina simili agevolazioni? Da chi erano coperti Mori e De Donno? Il ritrovamento del “papello” inoltre fa quadrato con le dichiarazioni dell’on. Martelli che è stato interrogato proprio oggi dai magistrati di Caltanissetta, titolari dell’inchiesta riaperta sulla strage di via d’Amelio. E si lega alle dichiarazioni dell’ex direttore degli affari penali, la dott.ssa Liliana Ferraro, convocata urgentemente dai magistrati di Palermo e Caltanissetta dopo le rivelazioni ad Anno Zero. “E’ vero – ha detto ieri a margine di un interrogatorio di 4 ore -, incontrai Paolo Borsellino e gli parlai dei contatti tra il Ros di Mori e Vito Ciancimino, come riferitomi dagli stessi ufficiali. Ricordo di aver parlato di questo argomento, negli anni successivi, anche con il dott. Gabriele Chelazzi che indagava sulle stragi di Firenze, Roma e Milano”. “Intuiì che Borsellino sapesse della trattativa fra stato e boss per far cessare la stagione delle stragi – ha detto invece l’ex ministro della Giustizia Martelli, precisando – me lo ha confermato di recente Liliana Ferraro”. “Avevo parlato in numerose interviste dei miei dubbi sulla formazione del governo Amato nel 1992 – ha continuato l’ex ministro socialista - delle pressioni che subii per lasciare la Giustizia e andare alla Difesa, e della situazione di Vincenzo Scotti, che dovette lasciare gli Interni a Nicola Mancino". Pressioni politiche, cambi di cariche, trasformazioni ministeriali. Era il fermento che tracciava il confine tra la prima e la seconda Repubblica. Nuovi assetti si andavano a formare mentre Cosa Nostra alzava il tiro delle richieste. Alcune, come aveva raccontato Massimo Ciancimino, ritenute improponibili dallo stesso don Vito che di fronte al generale Mori disse esplicitamente che non si sarebbe potuto proseguire oltre. Da qui poi le cose cambiarono. Riina da autore della trattativa ne divenne vittima. Considerato un personaggio scomodo e ormai ingombrante lo arrestarono l’anno dopo, mentre Provenzano prese in mano il testimone. E lì che don Vito si rese conto di essere stato scavalcato. La trattativa proseguì lo stesso, Zu Binnu lo avrebbe sostituito con Marcello Dell’Utri, il nuovo referente del nascente partito di Forza Italia. Don Vito ormai vecchio e “bruciato” venne arrestato a fine del ’92. E lì che si chiuse la seconda fase della trattativa e si aprì la terza. Ma questa è una storia che arriva fino ai giorni nostri e che dev’essere ancora raccontata.
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