Ostacolato da Gordon Brown, il G20 ha deciso che le banche non avranno una regolamentazione adeguata.
Dunque non ci sarà nessuna resa dei conti. Non ci saranno vincoli, sanzioni, misure sufficienti a prevenire una ripetizione del crack. I soli a non essere danneggiati dalla crisi delle banche sono i banchieri che l'hanno causata.
Al G20 di sabato (Sabato 5 Settembre 2009 n.d.b.) a Londra i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali hanno messo insieme le loro grosse teste e hanno deciso di non fare praticamente niente. Le loro proposte di porre restrizioni agli eccessi del settore bancario sono state miti, gracili, pavide. A meno di qualche ribaltone al prossimo summit di questo mese a Pittsburgh, non ci sarà alcun tetto agli stipendi e a i bonus, alcun taglio a quelle banche ritenute troppo grandi per lasciarle fallire, nessuna separazione tra le attività di vendita e quelle di investimento, nessuna misura per limitare la velocità o l'estensione dei mercati finanziari. La loro diga è fatta di carta e sta già cominciando a perdere.
E' un caso di vigliaccheria collettiva, ma l'impedimento principale all'imposizione di limiti efficaci si può riassumere così: Gordon Brown. Prima del meeting Brown aveva dichiarato al Financial Times che la questione degli stipendi e dei bonus non si può risolvere all'interno dei singoli paesi, ma "è un dibattito che si può legittimamente tenere al G20 e a livello della comunità internazionale". Poi si è apprestato a soffocare quel dibattito. Nicholas Sarkozy e Angela Merkel avevano proposto un tetto assoluto ai bonus e delle rigide sanzioni per le società che lo superassero. Brown si è opposto. Ha tenuto duro per tre giorni, finché Sarkozy e Merkel hanno lasciato cadere la proposta a vantaggio di un impegno a "studiare dei modi" di limitare i bonus. Certo i banchieri stanno tremando di paura dentro le loro scarpe Gucci.
Sicure che non verrà imposto loro nessun vincolo, le banche hanno già deciso di ripristinare i bonus. Quest'anno la City di Londra si ricompenserà per aver distrutto la vita di tanta gente con retribuzioni per circa 4 miliardi di sterline. Non hanno imparato niente, perché i governi non sono pronti a dare loro una lezione. La sola ferma risposta data finora alla crisi è stata quella di dare i nostri soldi alla gente che l'ha causata.
I banchieri obiettano che i nuovi bonus sono solo un premio per essere tornati al profitto, ma le banche sono di nuovo in forte crescita in parte perché alcuni concorrenti sono stati eliminati, in parte perché stanno raccogliendo grasse provvigioni dalla vendita di crescenti quote di debito pubblico, contratte a loro volta, naturalmente, a causa della sconsideratezza delle banche stesse.
Ma la nozione di profitto legittimo nel mondo bancario è alquanto scivolosa. Nel 2005 Patrick Hosking scrisse sul New Statesman: "E' possibile che i profitti delle grandi banche non non siano affatto dei profitti reali. Se la bolla del credito scoppia, le banche potrebbero accorgersi di non avere sufficiente copertura per i prestiti cattivi e gli investimenti sballati ... Le banche sanno se hanno avuto un profitto su un prestito, una transazione o un investimento solo quando recuperano il capitale, e ci possono volere trent'anni". Continuava avvertendo che " forse le banche stanno valutando con troppo ottimismo il valore dei loro derivati", e questo potrebbe portare ad un"grosso shock finanziario". Naturalmente questo profeta misconosciuto aveva ragione sotto ogni punto di vista; ma di nuovo le banche stanno vantando dei profitti che sono ben lontani dall'essersi dimostrati tali, e remunerando i loro agenti di conseguenza.
Non è che manchino le idee per dare loro una lezione. Mervyn King, governatore della Banca d'Inghilterra, dice:"Se si pensa che qualche banca sia troppo grande per fallire vuol dire che ... è troppo grande". Secondo lui dare garanzie dello stato a banche le cui attività non siano state ben separate è una follia. Lord Turner, presidente della Financial Services Authority propone che il governo "elimini l'eccesso di attività e di profitti", magari mediante una Tobin tax o accordi finanziari. Altri hanno proposto una commissione sui salari più alti, altri una pesante tassa sui bonus e una soppressione dei bonus per tutte le banche garantite dai soldi dei contribuenti.
Ma nessuna di queste idee ha un seguito. E' difficile concepire una situazione in cui i bonus siano socialmente utili. Se vengono dati per operazioni innovative, ad alto rischio, allora mettono l'intera economia in pericolo; se vengono dati per operazioni di routine, a basso rischio, allora i banchieri guadagnano tanto per poco, e i clienti che pagano questa prodigalità (inclusi tutti i pensionati), vengono derubati. I banchieri sono gangster o impiegati; in entrambi i casi non meritano i soldi che prendono.
Eppure per quanto timide, tutte le proposte avanzate finora sono state liquidate da un governo terrorizzato dall'illegittimo potere della City.
[...] Nessuno da questa parte dell'Atlantico (probabilmente nessuno al mondo tranne Alan Greenspan) porta tanta responsabilità per la crisi come Gordon Brown. Nel 2004 davanti ad un pubblico di banchieri disse: " Nei prossimi bilanci dobbiamo fare sempre di più per incoraggiare quelli che assumono dei rischi". Nel 2007 si vantò che i successi della City erano il risultato dell'azione del governo che "ha intensificato un approccio normativo basato sul rischio, come abbiamo fatto resistendo alle pressioni perché facessimo un Sarbannes-Oxley Act (1) inglese dopo i casi Enron e WorldCom". Anche se gli analisti mettevano in guardia sul prossimo arrivo di un crack, lui continuò a premiare la City con la deregulation e i suoi indegni dirigenti con consulenze governative e incarichi in organismi pubblici.
Adesso nessuno è responsabile come Gordon Brown del fatto che la crisi si possa ripetere. Molte sono le domande su quest'epoca che gli storici del Regno Unito si porranno. Una è la seguente: perché si è consentito a quest'uomo di restare al potere?
(1) Legge americana del 2002 che, dopo gli scandali di Enron ed altre grandi società, ha inasprito la regolamentazione sulle amministrazioni delle società pubbliche (ndt).
giovedì 15 ottobre 2009
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