«In carcere abbiamo visto Angelino Alfano parlare in televisione e dire che la mafia fa schifo. Durante l’ora d’aria, Ciccio Mormina, Pasquale Fanara, Limblici, Vella Francesco dissero che era un pezzo di merda. A questo punto Giovanni Alongi, rappresentante della famiglia di Aragona, disse: “Il padre di Angelino mi ha chiesto voti per Angelino. Anche il padre di Alfano era un politico”».
A parlare è il pentito di Racalmuto (Agrigento) Ignazio Gagliardo, ascoltato dal pubblico ministero Nino Di Matteo nell’inchiesta su Totò Cuffaro.
Gagliardo ha parlato di mafia e politica, riferendo le proprie conoscenze, oltre che sull’ex presidente della Regione Sicilia, imputato di favoreggiamento e rivelazione di segreti e che ora rischia un nuovo processo per “concorso esterno”, anche su altri esponenti politici della provincia agrigentina, come l’attuale Guardasigilli.
I mafiosi, nel commentare le iniziative della politica contro Cosa Nostra, secondo Gagliardo si dimostravano particolarmente irritati per via dello slogan coniato da Cuffaro e utilizzato da Alfano: «Ora facciamo schifo – erano i commenti ascoltati da Gagliardo in carcere – ma non lo facevamo prima, quando ci chiedevano voti».
Alfano ha replicato sostenendo che la mafia gli ha prima mandato proiettili e ora si affida a «veleni e dichiarazioni prive di alcun riscontro» per colpire il governo Berlusconi e la sua durissima politica antimafia.
Cuffaro ha sempre escluso qualsiasi tipo di rapporto con i boss e i suoi legali parlano di «affermazioni generiche, vaghe, prive di fondamento». Tuttavia, secondo il pentito tra i mafiosi c’era del risentimento per Cuffaro: «Quando fece la campagna dicendo che la mafia fa schifo, Capizzi, Mormina e Alongi dissero che era ipocrita, perché in precedenza aveva “mangiato” grazie alla mafia. Mi confermarono anche in questa occasione che era stato sempre appoggiato da Cosa Nostra».
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