Bernardo Valli, la Repubblica, 14-04-2009
Avrei scritto anch´io, non volentieri ma con slancio, l´articolo di Philippe Ridet pubblicato ieri da Le Monde. Questa mia immediata e candida affermazione deriva dal fatto che quanto dice il corrispondente del quotidiano parigino lo sentono molti italiani come me residenti all´estero.
In particolare se svolgono lo stesso mestiere di Ridet e quindi vedono quotidianamente come l´immagine dell´Italia si riflette fuori dai patri confini. L´Italia soffre, scrive Ridet, ma non vuole essere criticata dagli stranieri. E il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che controlla in quanto diretto proprietario o in quanto capo del governo l´ottanta per cento dei media, è l´araldo di questa «resistenza». Resistenza che si esprime con una raffica di proteste dei nostri ambasciatori invitati dal loro ministro a reagire quando i quotidiani stranieri parlano male dell´Italia.
È capitato al Times quando ha ironizzato sulle parole di Silvio Berlusconi che invitava i rifugiati dell´Aquila a «passare il weekend di Pasqua al mare». È capitato al Guardian quando ha scritto che la fusione tra Alleanza Nazionale e Forza Italia segnava la nascita di una formazione «postfascista». È capitato al Pais quando ha definito Berlusconi uno dei leader «più sinistri». E allo Spiegel quando, al momento delle immondizie napoletane, ha chiamato l´Italia «uno stivale puzzolente».
Questi interventi diplomatici presso organi di stampa di paesi democratici sono di solito praticati da governi autoritari o dittatoriali, particolarmente sensibili alle critiche, considerate insulti, anche perché spesso ignorano le libertà di informazione e di opinione, non essendo quest´ultime parte della loro tradizione.
Philippe Ridet racconta come lui e il suo collega del Wall Street Journal siano stati convocati alla Farnesina (sede del nostro ministero degli Esteri) e invitati a spiegare come vedevano l´Italia e con quali criteri la raccontavano nelle loro corrispondenze. I due giornalisti si sono trovati d´accordo per dire, con un linguaggio diplomatico simile a quello usato dai loro interlocutori, che almeno quattro ostacoli impedivano di fare l´elogio quotidiano della Penisola: «La mafia (e le sue declinazioni locali), l´inefficienza dell´amministrazione e dello Stato in generale, la politica xenofoba raccomandata - e a volte applicata - dalla Lega del Nord e gli spropositi verbali (mauvaises blagues) di Silvio Berlusconi». Aggiungo io, ancora, sebbene sia superfluo sottolinearlo, che queste convocazioni di giornalisti stranieri da parte delle autorità, sia pure fatte con garbo, vale a dire con diplomazia, sono di solito pratica corrente nei paesi emergenti, dove le critiche, indispensabile sale di ogni libero giornalismo, sono considerate violazioni di lesa maestà.
Scrive Ridet: «Suscettibile, Silvio Berlusconi? Sì, ma non più degli italiani che rifiutano di riconoscersi nello specchio che tende loro la stampa straniera. Eppure non sono avari nel criticare se stessi. Hanno persino inventato un´espressione per questo, l´autolesionismo, al fine di evocare la loro tendenza a vedersi come gli ultimi della classe, impopolari in Europa. Ma quando qualcuno lo fa al loro posto, subito gli stessi che si descrivono "abitanti di un paese in cui nulla funziona" inforcano il cavallo dell´orgoglio nazionale. Ne è un´illustrazione l´atteggiamento pieno di dignità offesa di Silvio Berlusconi che rifiuta l´aiuto internazionale dopo il dramma dell´Aquila».
Il corrispondente di Le Monde ricorda l´intolleranza di Silvio Berlusconi nei confronti dei giornali italiani che descrivono la corruzione, i pubblici abusi e i delitti mafiosi. Precisa Ridet, nella sua Lettre d´Italie, che il presidente del Consiglio si è detto persino tentato di ricorrere «a misure dure». L´irritazione di Berlusconi è dovuta anche al fatto che i giornalisti stranieri traggono dalla stampa nazionale le notizie per le loro corrispondenze. Da un lato prospetta quindi «misure dure», e dall´altro tenta di tenere a bada la stampa straniera mobilitando gli ambasciatori. Come fanno, appunto, i regimi autoritari. L´operazione diplomatica è destinata ad alimentare la cattiva immagine della nostra democrazia, incapace di sopportare le critiche. E accentua la caricatura del presidente del Consiglio.
Philippe Ridet è comunque garbato nella sua Lettre d´Italie, poiché aggiudica tutto all´orgoglio nazionale, ben radicato anche nel suo paese. Molti italiani che vivono fuori dai patri confini sono colpiti invece dal fatto che quell´orgoglio non spinga a ripudiare democraticamente all´interno, l´immagine reale dell´Italia oggi in Europa.
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