di Loris Campetti, Il manifesto, 21 aprile 2009
Se un muratore cade da un'impalcatura e si frattura le gambe - o se un operaio muore bruciato in acciaieria - è per colpa sua: si è distratto, non ha rispettato le norme di sicurezza. Quante volte ci hanno raccontato questa favoletta, i padroni. Ogni volta che c'è un infortunio sul lavoro, ogni volta che un lavoratore perde la vita, loro hanno le mani pulite come i democristiani raccontati da Francesco Rosi in «Mani sulla città». Se non è colpa del destino cinico e baro, è colpa sua. Ma nel paese europeo in cui si uccide di più chi crea la ricchezza per la collettività, finalmente erano arrivate norme serie per individuare tutti i livelli di responsabilità nel ciclo lavorativo. Norme che affermavano il principio per cui la responsabilità prima risiede in chi sta sullo scalino più alto della catena di comando, che è poi chi ha il potere di spesa e di decisione per rendere sicuri gli impianti e i processi lavorativi. La prassi giudiziaria, corroborata dalla Cassazione, confermava questa tesi.
I tempi, però, sono cambiati. Si sono spenti i riflettori sulla ThyssenKrupp, sul lavoro si continua a morire come e più di prima ma le vittime sono tornate invisibili. Se non ne muoiono sette alla volta, o almeno tre nello stesso posto, non c'è notizia. Poi al governo è tornato Berlusconi, il presidente imprenditore che non può restare insensibile al grido di dolore dei suoi colleghi, quando denunciano gli alti costi del nuovo Testo unico sulla sicurezza che ha visto la luce durante il governo Prodi sull'onda dell'emozione creata dalla stage di Torino. Così, ecco pronto il nuovo Testo, una controriforma che ci ributta indietro di anni, a tanti morti fa quando la colpa era sempre dell'operaio, mai del padrone e dei suoi manager. In una sorta di vendetta berluscon-marcegagliana, le multe per il mancato rispetto delle norme da parte dell'impresa diminuiscono e di carcere, di fatto non si parla più. Licenza di uccidere, e non siamo in un film ma in fabbrica e nei cantieri.
Non basta, bisogna introdurre la norma per liberare i top manager dalle loro responsabilità. Detto fatto, se ci sono sottoposti coinvolti nella stessa inchiesta, la responsabilità ricadrà su di loro, loro andranno sotto processo, ammesso che non ci sia qualcuno ancora più in basso su cui scaricare il fastidio, fino ad arrivare alla base della piramide: l'operaio, sempre che non sia bruciato in acciaieria. Peggio del lodo Alfano, che dichiara non processabili i vertici dello stato ma solo per la durata del mandato.
Non basta ancora. Bisogna far saltare i processi in corso in cui sono imputati gli alti vertici industriali. Detto fatto, il Testo unico che una volta varato dal governo entrerebbe immediatamente in vigore, avrebbe effetto retroattivo. L'effetto ammazza-processi, quello ThyssenKrupp in primis, annullando il lavoro certosino del giudice Raffaele Guariniello, colpevole di aver risalito l'intera catena di comando, individuando i livelli crescenti di responsabilità.
Il lodo ThyssenKrupp si può e si deve fermare, anche se il tempo stringe. Altrimenti, al prossimo funerale operaio i sopravvissuti potrebbero non limitarsi a buttare giù per le scale della chiesa solo le corone di fiori dei loro padroni.
(22 aprile 2009)
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