venerdì 24 aprile 2009

Il no al referendum di Vannino Chiti

di Olga Piscitelli, 24-04-2009
da www.libertaegiustizia.it


Vannino Chiti, vicepresidente del Senato, si è esposto contro il Referendum, come Luciano Violante, Franco Bassanini e pochi altri. La direzione del Pd, partito cui appartiene, ha votato per il Sì. La seduta è stata combattuta. Ha vinto la linea a favore, con l’idea che solo così si potrà riformare la legge elettorale.
Presidente Chiti, cosa ne pensa: è così? Se vince il Sì, si potrà poi riformare la legge elettorale?
“Vorrei proprio sfatare un’illusione: se passa il sì, nessun Parlamento, meno che mai questo, sarebbe in grado di cambiare una legge elettorale che in partenza è una brutta legge e dopo le modifiche apportate, nel caso passasse il referendum, sarebbe ancora più brutta”.
Cioè, secondo lei la vittoria del Referendum peggiora il Porcellum?
“Il quesito referendario aggrava il Porcellum, rafforza quella brutta legge elettorale. Con la vittoria dei Sì uscirebbe un Porcellum al quadrato. E siccome a molti sta bene, la maggioranza ne uscirebbe così forte che non è difficile intuire nuove elezioni. Ma questa è una considerazione politica. Quel che mi preme adesso sono le questioni di principio: la democrazia è a rischio. E di fronte a questo non sono ammesse furbizie, non sono consentite tattiche. Ci si deve fermare a ragionare”.
Quali sono gli elementi di rischio, secondo lei?
“Guardi, se solo il quesito referendario avesse proposto di cancellare il premio di maggioranza, avrei dato il mio appoggio. Invece, così lo estremizza e lo assegna alla singola lista. Pensi che nel ’53 fu definita ‘legge truffa’ quella che faceva scattare il premio e cioè l’assegnazione del 65 per cento dei seggi alla Camera alla lista o al gruppo di liste che avessero raggiunto il 50 per cento più uno dei voti validi.
Qui, se passa il referendum, si assegna la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, cioè il 54 per cento, alla singola lista che abbia conseguito la maggioranza relativa, quale che sia la percentuale di voti ottenuta. E’ uno sfregio alla democrazia”.
Poi c’è l’innalzamento della soglia di sbarramento…
“E questo è il secondo aspetto negativo: al Senato scatterebbe lo sbarramento dell’8 per cento su scala regionale. Il che vuol dire che in piccole regioni ci sarà il 15, in altre il 10. Sono percentuali che non esistono al mondo: lo sbarramento va bene, ma per il 4 o il 5 per cento al massimo. La democrazia deve garantire la governabilità, è vero, ma con una rappresentanza effettiva, reale, perché senza non è più democrazia: è un regime autoritario. Se forze politiche che hanno più del 5 per cento non possono entrare in Parlamento, be’, questa non è democrazia”.
Questo suo timore, presidente, non pare essere molto condiviso. Come mai?
“Si parte purtroppo dalla valutazione della legge in vigore, cioè il Porcellum, che è bruttissima. E su questo siamo d’accordo in molti. Ora questo referendum non modifica il punto essenziale e cioè i candidati devono essere scelti dai cittadini, con questa legge, quelli eletti sono solo i meglio piazzati in una lista bloccata, scelta dalle segreterie di partito. Allora bisogna rivedere questa legge: togliere il premio, ridiscutere la soglia di sbarramento e ridare ai cittadini quel che spetta loro, cioè il potere di scegliere la rappresentanza”.
Che resta da fare, a questo punto, visto che siamo chiamati a votare per il referendum?
“Occorre informare i cittadini sul merito e poi valutare nel corso della campagna elettorale quale sia l’atteggiamento più giusto, perché non si incontrino sul Sì due istanze, quella di chi vuole una democrazia controllata e un bipartitismo imposto dall’alto e quella di chi lotta contro questa brutta legge elettorale”.

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