Nato a Vercelli nel 1909, Alessandro Galante Garrone è stato magistrato e storico, oltre che un protagonista della Resistenza e un nume tutelare delle battaglie ideali dell'antifascismo. Per se stesso aveva coniato la definizione di ''mite giacobino'', come recita peraltro il titolo della sua autobiografia apparsa nel 1994.
Nel 1927, quando era studente della Facoltà di Giurisprudenza, prese parte alle manifestazioni degli universitari torinesi contro i fascisti persecutori del professor Francesco Ruffini. Più avanti, vinto brillantemente il concorso per entrare in magistratura, si avvicinò al movimento di ''Giustizia e Libertà'' e nel 1942 fu tra i fondatori del Partito d'Azione a Torino.
Dopo l'8 settembre 1943, sfollato con la famiglia a Coassolo Torinese, entrò in contatto con le prime formazioni partigiane della Valle di Lanzo. Nel dicembre dello stesso anno divenne ispettore delle formazioni G.L. del Piemonte e tenne in particolare i contatti con le divisioni del Cuneese. Membro del Cln piemontese nella primavera del 1945, dopo la liberazione di Torino fece parte della Giunta regionale di governo e della Giunta consultiva durante l'amministrazione degli Alleati.
Da allora era sempre rimasto fedele al filone della democrazia radicale, un'idea da lui sempre sostenuta con l'intensa attività pubblicistica su "La Stampa", "Il Ponte", "L'Astrolabio", "L'Espresso", nonché con i lavori più ponderosi come quelli sui radicali italiani dal 1849 al 1925 e su Felice Cavallotti.
Garrone ha accompagnato sempre gli studi giuridici a quelli storici, tanto che questi ultimi finirono per assumere la preminenza e per indurlo a chiedere nel 1963 il collocamento a riposo dalla magistratura (era consigliere di Corte d'Appello a Torino) per potersi dedicare completamente - era già libero docente di Storia moderna all'Università di Torino - all'insegnamento. Ha insegnato storia moderna, storia contemporanea e storia del Risorgimento negli atenei di Torino e Cagliari ed è autore di importanti pubblicazioni sulla Rivoluzione francese, sulla storiografia rivoluzionaria e sul Risorgimento italiano.
Nel 1984 aveva pubblicato il volume "I miei maggiori" dove aveva ricordato i maestri di libertà della sua generazione, da Omodeo a Calamandrei, da Einaudi a Salvemini, tutti personaggi da cui Galante Garrone aveva derivato un insegnamento di vita e di pensiero, una "passione di libertà - come lui stesso diceva - sempre illuminata dalla ragione".
Nel dicembre 1993 era stato tra i fondatori, insieme ad Aldo Garosci, Franco Venturi, Arialdo Banfi, Giorgio Parri e Aldo Visalberghi, dell'associazione "Movimento d'Azione giustizia e libertà". Una denominazione esplicita visto che i promotori del movimento erano partigiani della formazione "Giustizia e libertà" e militanti del "Partito d'Azione". E proprio a quelle posizioni politico-culturali questa associazione, come lo stesso Alessandro Galante Garrone, intendeva riallacciarsi per farle uscire dall'emarginazione voluta dal regime partitocratico e per riaffermare e trasmettere il pensiero di Gaetano Salvemini, la critica liberale di Piero Gobetti e il socialismo liberale di Carlo Rosselli.
Tra i suoi scritti principali: "Buonarroti e Babeuf" (1948); "Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento" (1951); Gilbert Romme, Storia di un rivoluzionario" (1959); "I radicali in Italia, 1849-1925"(1973); "Felice Cavallotti (1976); "I miei maggiori"(1984); "Zanotti Bianco e Salvemini" (1984); Padri e figli" (1986); "Calamandrei" (1987); "Amalek,il dovere della memoria" (1990); "Il mite giacobino" (1994); "L'Italia corrotta (1895-1996); Cento anni di malcostume politico (1996).
E' morto a Torino il 30 ottobre del 2003.
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