Giorni intensi questi nel giornalismo italiano. Dopo 12 anni torna alla guida de “il Giornale” il successore di Indro Montanelli, tale Vittorio Feltri, ex direttore di “Libero” e che 12 anni fa aveva detto che di Berlusconi non ne voleva più sapere. Ma glielo si può anche perdonare, in fondo il suo grande pupillo storico, tale Umberto Bossi, ci mise appena 5 anni per tornare all’ovile. Lui ci ha messo 12 anni. Ci ha messo 12 anni? O ha fatto la politica di Berlusconi coi soldi di un altro editore? Facile a dirsi visto che non mi risulta che tra Berlusconi e Angelucci corresse cattivo sangue.
Ciò di cui volevo parlare però non è Vittorio Feltri (anche se mi infastidisce vederlo ancora una volta paragonato a Montanelli), bensì i cosiddetti cerchiobottisti, sempre pronti a vantarsi della propria indipendenza, della propria neutralità, del proprio essere superpartes.
Loro partono dall’assunto che per essere giornalisti liberi non si debba stare né di qua né di là. Per me invece un giornalista è libero quando è libero di dire ciò che pensa realmente. Se Feltri fosse libero di dire ciò in cui crede realmente allora io direi che egli è un giornalista libero, mentre magari un editorialista qualsiasi del Corriere non lo è se deve misurare col bilancino quanta ragione dà a una parte e quanta ne dà all’altra. Sono costretto a nominare nuovamente Montanelli, il quale mi è sempre parso schierato nella sua lunga carriera, eppure mi è anche sempre parso libero di sostenere le sue idee.
E diciamo che aveva un’apparenza di giornalista libero maggiore di quella che può vantare Feltri. Il fatto è che un conto è essere schierati, un conto è non essere liberi di esprimere la propria opinione. Probabilmente il direttore de “il Giornale” del tutto libero non lo è, in quanto a capo di un giornale d’azienda o di partito, costretto a fare gli interessi del suo editore-leader politico. Ma ciò non significa che egli non possa condividere in toto quella politica e quel modo di fare politica. Coloro i quali, invece, stanno sempre attenti a stare nel mezzo alla fine non possono mai scrivere davvero ciò che pensano, poiché per stare in mezzo devi sempre bilanciarti di qua o di là, a seconda di chi tira di più e di chi tira di meno.
Un classico esempio è il tema della laicità: non essendoci nessuno che propone l’abolizione della religione i “moderati”, i “neutrali” sono costretti a indicare i sostenitori della laicità dello stato come estremisti dell’argomento, ponendosi dunque a metà tra l’estremismo cattolico da una parte e il moderatismo laico-liberale dall’altra.
La libertà giornalistica è dunque cosa ben diversa della neutralità. Un giornalista deve sempre riportare i fatti di cui viene a conoscenza, anche se questi fatti danneggiano solamente una parte in causa e glorificano l’altra. Serve a poco mantenere la neutralità occultando dei fatti o inventandosene degli altri. Questo, chiaramente, vale anche nel caso in cui un giornalista venga in possesso di intercettazioni ancora segrete. Se esse sono vere e di interesse pubblico, perché non pubblicarle? Poi è chiaro che tutto ciò potrebbe costituire reato, ad esempio nel caso in cui questa pubblicazione facesse si che un capomafia possa adeguarsi per neutralizzare le cose scoperte grazie alle intercettazioni. Ma quello di mantenerle segrete non è compito del giornalista, bensì del giudice.
Dunque diffidate da quei cerchiobottisti convinti di essere molto indipendenti e liberi, quando invece sono solo ostaggio del loro eterno tentativo di restare in equilibrio tra le due fazioni, infischiandosene di quale sia la realtà e la verità dei fatti, ignorando cosa si intenda per libertà di opinione e restando schiavi dell’obbligo della neutralità.
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