Secondo Bersani e D’Alema il PD non ha bisogno di rispondere alle accuse che la magistratura di Napoli ha formulato. Ora, è chiaro ed evidente che le accuse non sono sinonimo di condanna, gli eventuali processi consentiranno di capire quali sono le responsabilità.
Ciò però non toglie che un partito del livello del PD abbia il dovere morale di rispondere in merito a quelle accuse, anche per tranquillizzare gli elettori e tutti i cittadini. Più volte, anche dalle file del PD, è stata rimarcata la necessità di una maggior trasparenza e di una maggior moralità nella politica.
Dunque ora che il PD si trova in una situazione poco felice dovrebbe, per prima cosa, fare chiarezza, rispondere alle domande con coraggio e coerenza e, se necessario, allontanare i propri esponenti che hanno causato un danno al partito, alle istituzione e al paese. Ripeto, non serve che un politico sia condannato per prendere provvedimenti politici, infatti un uomo pubblico deve essere trasparente, bisogna potersi fidare di lui. E’ anche una questione di coerenza.
Secondo i due colonnelli del PD (uno dei quali in procinto di diventare generale) il PD è un partito di rispecchiata e riconosciuta onestà, immune da casi di corruzione o di illegalità. Forse però si sono dimenticati troppo presto della bufera dello scorso inverno, quando diversi esponenti del PD campano ed abruzzese si trovarono coinvolti in diverse inchieste, tra loro indipendenti.
Aspetteremo anche i processi relativi a quelle indagini per dare un giudizio definitivo sulle varie responsabilità. Il principio di un partito legalitario però dovrebbe essere quello di non transigere su questi aspetti. Un proprio esponente che viene coinvolto in queste indagini infatti danneggia la credibilità di tutti, anche di coloro che si sono sempre comportati onestamente, oltre che inficiare anche l’autorevolezza delle istituzioni. In fondo, perdere un giro di elezioni non è un dramma, la politica non è un lavoro, è un impegno e un servizio. Inoltre il diritto di tutti di avere dei rappresentati onesti è maggiore rispetto al diritto del singolo indagato-imputato di mantenere la propria poltrona. Nessuno, infatti, chiede l’ergastolo per questi politici, ma solamente un passo indietro per garantire a tutti che gli uffici pubblici sono retti da persone oneste. Un indagato infatti è si innocente sino alla fine del processo, ma se si rivelasse colpevole avremmo dato in gestione un ufficio pubblico a un uomo disonesto quando potevamo evitarlo.
Il PD ha il dovere di affrontare questo problema. Non si possono considerare solo casi isolati e non si può cavarsela col più estremista dei garantismi alla Berlusconi. Le connivenze con mafia e criminalità sono presenti non solo del PDL ma anche nel PD e, se l’elettorato berlusconista non fa caso a queste cose, l’elettorato del PD immagino di si. Dunque il PD ha il dovere morale e pubblico di prendere posizione e di riflettere su questa questione.
La sinistra ormai non può più prescindere dal principio di legalità. E nemmeno dal principio di coerenza con le posizioni sostenute nel recente passato. Temo comunque che difficilmente il PD saprà dare risposte esaustive a questi problemi, preferendo nascondere la polvere sotto il tappeto, secondo la miglior tradizione catto-comunista. Solo una nuova sinistra liberale può affrontare questo problema col coraggio necessario.
La destra però, d’altro canto, non può affatto permettersi di fare la morale a quelli del PD, in quanto loro, tra pregiudicati, imputati, indagati e persone fortemente sospettate di essere vicine ai più disparati esponenti della mafia italiana non sono certo il supremo esempio di virtù e di trasparenza. Trovo ridicolo un Gasparri che reclama le dimissioni di Vendola quando loro rifiutano persino di parlare delle connivenze mafiose del sottosegretario Cosentino. E’ un po’ come quando il bue dice cornuto all’asino.
martedì 4 agosto 2009
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