mercoledì 5 agosto 2009

Giustizia per l'omicidio Agostino, un'attesa lunga 20 anni

di Lorenzo Baldo - 5 agosto 2009
Palermo. Dal giorno dell'omicidio di Antonino Agostino suo padre, Vincenzo, non ha più tagliato la barba. Nel momento che avrà giustizia ha detto che lo farà. Ma non ora.
20 anni fa a Villagrazia di Carini (PA) Antonino Agostino, un agente del commissariato di polizia San Lorenzo a Palermo che collaborava con il SISMI, veniva assassinato insieme a sua moglie Ida Castellucci, incinta di pochi mesi. Da quel momento per Vincenzo e sua moglie Augusta iniziava una vera e propria via crucis. Mandanti ed esecutori di quel delitto non sono stati ancora individuati. Perfino i collaboratori di giustizia non hanno dato quel contributo necessario per fare luce su questo mistero.
Il pentito Oreste Pagano è praticamente l'unico che ha fornito alcune indicazioni: <>. Misteri su misteri, così come la collaborazione di Antonino Agostino con i Servizi segreti.
Inizialmente i Servizi hanno negato che l'agente Agostino avesse svolto servizio presso il SISMI, poi nel corso degli anni, una volta avuti i riscontri necessari e soprattutto dopo che i magistrati hanno alzato il livello delle indagini sull'omicidio Agostino, i vertici dei Servizi hanno posto il “Segreto di Stato”. Il classico e impenetrabile muro di gomma di italica memoria.
Il 30 maggio dello scorso anno le agenzie di stampa hanno rilanciato la notizia che un poliziotto in pensione, Guido Paolilli, era stato indagato nell'ambito dell'inchiesta per l'omicidio di Antonino Agostino e di Ida Castellucci. L'ex poliziotto, che attualmente vive a Montesilvano (PE), aveva a suo tempo indagato sul duplice omicidio. Ufficialmente Paolilli risultava “aggregato” da Pescara alla questura di Palermo per diversi periodi nel corso degli anni Ottanta.
Di fatto Paolilli è stato accusato dai Pm palermitani Antonino Di Matteo e Domenico Gozzo di favoreggiamento aggravato e continuato in quanto avrebbe depistato le indagini favorendo la mafia.
Un'iscrizione nel registro degli indagati scattata in seguito ad una conversazione intercettata a marzo dello stesso anno nella sua casa di Montesilvano. Quella sera il televisore di Paolilli era sintonizzato su Rai 1 e stava trasmettendo la testimonianza di Vincenzo Agostino che ricordava l’esistenza di un biglietto trovato nel portafogli del figlio: “Se mi succede qualcosa – era scritto in quel pezzo di carta – andate a cercare nell’armadio di casa”. Il figlio di Paolilli aveva chiesto al padre: <> e il padre gli aveva risposto: <>.
Vincenzo Agostino aveva successivamente raccontato che un giorno Guido Paolilli, che per altro era amico di suo figlio Nino, aveva insistito per venire insieme a lui e sua moglie al cimitero. “Incalzato dalle nostre domande sulle indagini – aveva raccontato ancora il padre dell'agente ucciso – disse che la scoperta della verità non avrebbe fatto piacere. Disse pure che avrebbe fatto il possibile per mostrarci sei fogli”.
Di questi fogli però non si è saputo più nulla. In una relazione di servizio diretta ai suoi superiori e redatta ai tempi delle prime indagini Paolilli avrebbe scritto che <>. Negli atti della Squadra Mobile però risultano solo due perquisizioni. E i misteri continuano. Paolilli era tra l'altro persona di fiducia di Bruno Contrada e a suo tempo aveva testimoniato in sua difesa nel processo a suo carico. Un dettaglio decisamente non trascurabile.
Già poche ore dopo il delitto del giovane poliziotto e di sua moglie, un compagno di pattuglia di Agostino aveva presentato una relazione di servizio alla squadra mobile narrando di una confidenza ricevuta: <>.
A distanza di 20 anni dall'omicidio Agostino sulle prime pagine dei giornali si torna a parlare di “faccia da mostro”, quell'agente segreto con il viso deformato, uno dei probabili protagonisti principali della “trattativa” mafia-Stato. “Io l'ho visto l'uomo dalla faccia di mostro che tutti cercano - ha ribadito Vincenzo Agostino – quell'uomo è venuto a casa mia, voleva mio figlio. Quel tizio non è soltanto implicato nei fatti di Capaci e di via D' Amelio, ha fatto la strage in casa mia, quella in cui sono morti mio figlio Nino, mia nuora e mia nipote”. “Due persone vennero a cercare mio figlio al villino – ha specificato il padre di Nino Agostino – accanto al cancello, su una moto, c'era un uomo biondo con la faccia butterata. Per me era faccia di mostro. Quello che adesso cercano. Sono episodi agli atti”. E come dentro un puzzle l'omicidio Agostino viene incastonato in questo mosaico impastato con il sangue di magistrati, uomini delle forze dell'ordine, giornalisti, cittadini comuni. Una storia “border-line” dove il confine mafia-Stato è sempre più labile. Un confine violato consapevolmente da entrambe le parti per reciproci interessi, mentre le indagini proseguono in una lotta contro il tempo.

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