mercoledì 5 agosto 2009

Il ddl Aprea e la storia dei dialetti: dividi et impera

Postato il 04 agosto 2009 da Italo Romano

Qualche giorno fa, tra un’insolazione e l’altra, la Lega nella persona di Paola Goisis, deputata del partito padano, ha presentato una proposta quanto mai ridicola. I professori dovranno essere sottoposti a dei test mirati per tastare le conoscenze che questi hanno del dialetto e delle tradizione delle Regioni in cui essi svolgono il mestiere di insegnanti. La leghista afferma che un punto irrinunciabile è la presenza di un albo regionale al quale potranno iscriversi tutti i professori che vogliono, ma prima dovrà essere fatta una pre-selezione che attesti la tutela e la valorizzazione del territorio da parte dell’insegnante. I titoli di studio, quindi, passeranno decisamente in secondo piano perché, sempre secondo la Goisis, non garantiscono un’omogeneità di fondo e spesso risultano comprati (Gelmini docet).
Possiamo ricordare che Paola Goisis è la stessa persona che tempo fa presentò una proposta di legge per rendere obbligatorio l’insegnamento del dialetto nelle scuole. Si è scatenato il solito polverone tra Pdl e Pd, botta e risposta vuoti e inutili, la solita scenetta teatrale per accontentare i creduloni democratici. La questione è stata, come spesso volutamente accade, proiettata dai media in un contesto diverso dall’originale. Il dibattito politico si è incentrato sui dialetti facendo scivolare in secondo piano il Disegno di Legge Aprea n°953.
Valentina Aprea è un deputato eletto nelle file del Pdl e ricopra l’incarico di Presidente della Commissione Cultura. Si pensa sia lei a muovere i fili del Ministero occupato dalla Gelmini. Difatti è già nel suo ddl che compaiono gli Albi regionali (articolo 19) e tante piccole modifiche che andrebbero a modificare radicalmente le strutture portanti del sistema scolastico italiano.
Ovviamente il ministro Maria Stella Gelmini non poteva che essere d’accordo con la proposta della Goisis. Legare i docenti al territorio è fondamentale. Cosa ci si poteva aspettare? Nella scuola italiana dove prevalgono i mediocri insegnamenti di lingue straniere quali inglese e francese, insegnare l’italiano sta diventando sempre più difficoltoso. Un popolo ignorante è più facile da gestire e mandare in rovina la scuola primaria è il passo decisivo per creare un esercito di idioti. Distrarli e castigarli, insegnargli a vivere da schiavi, precludere loro le conoscenze basilari per la comunicazione, svuotare le teste di fantasia e creatività e riempirle di banali inutilità e superficiali saperi sempre più specializzati verso il nulla.
Divide et impera dicevano i romani. Tutti a parlare il proprio dialetto, basterà allontanarsi di pochi chilometri da casa che dialogare diventerà ardua impresa. E allora mi viene in mente un passo della Bibbia:
“Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese del Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cuciniamoli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non dispenderci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: “Ecco, essi sono un popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra”.
(libro della Genesi 11, 1-9)
E’ quanto mai antidiluviano immaginare, nel mondo globale di internet, che idiomi e gerghi locali possano essere la base fondante della cultura di una nazione. Ciò non farà altro che aumentare le differenze, inasprire le fazioni e fomentare odio e violenza. Nell’Italia delle ronde, in balia di razzismi leghisti e correnti xenofobe, in cui dominano paura e insicurezza, la cultura e il sapere sono le uniche ancore di salvezza per un paese alla deriva. Rientra tutto in un grande piano di regime, sedare le masse, farle crescere nella bestialità e nella disinformazione, inzuccherirle con armi di distrazioni di massa. Vogliono farci credere che la gabbia in cui ci hanno rinchiuso sia il mondo, vogliono smorzare e zittire ogni forma di protesta e opposizione, annullare la sfumature, spegnere la comunicazione, uccidere il dialogo e rinchiuderci in un totalitarismo fantascientifico.
Il ddl Aprea stravolgerà le basi della didattica scolastica italiana:
1) Trasformerà le istituzioni scolastiche in fondazioni;
2) Le formazione di un vero e proprio governo scolastico, unico giudice e imperatore dell’istruzione del Belpaese;
3) Istituzione di Consigli di Amministrazione a gestire il denaro pubblico e privato. Ciò significa che poche persone avranno il potere di indirizzare regolamenti, insegnamenti e interi programmi didattici;
4) Cambia il metodo di reclutamento dei docenti, anzichè per meritocrazia e capacità si virerà su amicizie e raccomandazioni in balia di puri giudizi personali;
5) Albi regionali e nuove modalità contrattuali che legheranno il docente a un unico territorio e al mondo del precariato in balia di Consigli di Amministazione e governi scolastici;
Ma in televisione si parla di dialetti e oscenità del genere, è inammisibile, non abbiamo più voce in capitolo, sembriamo tante cavie in un enorme laboratorio dove sperimentare nuove tecniche di regime.
Reagire a tutto ciò sarebbe umanamente naturale. Tacere significherebbe soccombervi.

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