mercoledì 19 agosto 2009

Paradisi fiscali: Obama fa sul serio

di Elio Veltri

Obama fa sul serio. Ha trattato con il governo svizzero per farsi dare migliaia di nomi di americani evasori fiscali che avevano depositato i soldi presso il colosso bancario UBS. Poiché l’UBS, a causa di un enorme pacchetto di titoli tossici, rischiava di andare a fondo, trascinandosi dietro tutta la Svizzera, il governo di Berna li ha acquistati, ma con dollari ottenuti dalla Federal Reserve americana, scambiati con franchi svizzeri. Forte della cessione di ben 60 miliardi di dollari, il governo Obama ha presentato il conto e ha chiesto i nomi degli evasori i quali, se vogliono evitare i tribunali penali e le manette, che in America non sono metaforiche, devono pagare tutte le tasse dovute allo Stato e una penale del 20 per cento. Appena circolata la notizia che il Presidente faceva sul serio, centinaia di americani che avevano portato i soldi all’estero per evadere il fisco si sono presentati negli uffici dell’IRS, il fisco americano, per regolarizzare la loro posizione. Poiché la fila degli evasori aumenta di giorno in giorno, l’IRS, per evitare l’intasamento degli uffici, li ha invitati autodenunciarsi on line.
Anche la Francia tratta con la Svizzera per avere i nomi dei loro evasori e l’Inghilterra sta trattando con il Liechtenstein, altro noto paradiso fiscale con un segreto bancario impenetrabile.
E l’Italia? Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, attraverso il TG1 ci ha fatto sapere che gli italiani che hanno portato i soldi all’estero per evadere il fisco sono 170 mila. Quindi molto di più degli americani, dei francesi e degli inglesi messi insieme. Poi, con l’avallo del ministro Tremonti ha aggiunto che noi i nomi degli evasori non li avremo, ma saranno perseguiti lo stesso.
Come? Avviando procedimenti giudiziari che durano anni? Chiedendo rogatorie internazionali impossibili per nomi che non sono certi ?
Sarebbe bene dire la verità agli italiani: non c’è bisogno di tutto questo per la semplice ragione che un americano evasore paga tutte le tasse con l’aggiunta di una multa del 20%. Un Italiano evasore, in forma anonima, utilizza lo scudo fiscale e paga il 5% di quanto dovrebbe pagare ottenendo la cancellazione di tutti i reati commessi. Questa può essere l’unica spiegazione dell’ottimismo del direttore Befari e del Ministro.
Però, come avevo già scritto nei giorni scorsi, le conseguenze sono disastrose perché, oltre alla beffa del 5%, meno di quanto costerebbe a un evasore la parcella del suo avvocato, l’anonimato favorisce l’arrivo di soldi sporchi di corruzione, frode fiscale, bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e di soldi sporchi di reati mafiosi come traffico di droga, di essere umani, smaltimento di rifiuti tossici e compagnia cantando.
Insomma, lo Stato decide di diventare il più grande riciclatore di denaro sporco di ogni provenienza a gratis o quasi.
Eppure il recente provvedimento dello Scudo Fiscale contiene una norma molto importante che potrebbe costituire un precedente da utilizzare per confiscare i beni mafiosi che si trovano in Italia e in qualsiasi parte del mondo. Mi riferisco all’inversione dell’onere della prova: non è più lo Stato a dover dimostrare se un bene è stato acquistato con denaro sporco, ma è il proprietario del bene a dover dimostrare che il denaro era pulito e quindi lo è anche il bene.
Non si capisce perché un provvedimento tanto importante e innovativo, consigliato fin dagli anni 90 dalla commissione Fiandaca per la lotta alla mafia, lo si debba “sputtanare” con uno tanto grave come lo Scudo Fiscale.
Tralascio l’argomento della voragine dell’economia illegale a criminale sul quale ritornerò anche se ne ho già parlato.

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