martedì 4 agosto 2009

La Chiesa e la libertà.

Ieri è nata una bella discussione in merito al mio post “Libertà di scegliere”. In breve gli appunti che mi vengono fatti sono questi: tutti devono poter dire ciò che pensano, anche la Chiesa. La Chiesa, anche se spesso dice cose sbagliate a volte dice anche cose giuste e condivisibili. Il liberalismo non si può permettere di tacciare la Chiesa e di chiederle di non esprimere la propria opinione su certi temi. Sarebbe bene che i prelati scendessero direttamente in politica per difendere le loro posizioni. L’Art. 67 della Costituzione (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.”) è un principio ideologico, giacobino e totalitario.
Dunque io non la vedo esattamente in questi termini. Per me è chiaro che tutti possono dire la propria opinione in democrazia, ma un liberale non può limitarsi a difendere il diritto di parola di un’istituzione o di una persona che già è molto potente.
Un liberale vero, secondo me, ha il dovere e non solamente il diritto, di prendere posizione a favore dei più deboli e di coloro la cui parole, ancorchè libera, è inascoltata poiché troppo flebile. Nella querelle di ieri mi pare che sia la Chiesa quella che ha maggior voce e maggior potere, non certo i laici che sono una minoranza in questo stato etico in cui ci troviamo a vivere.
Io dunque mi sento in dovere di difendere quei principi liberali che i discorsi e le idee del clero mettono in pericolo, come ad esempio il diritto della donna di abortire o il diritto del malato terminale di porre fine alla propria vita anche tramite un testamento biologico redatto prima di giungere allo stato critico.
Ma la Chiesa ha o no il diritto di parola nelle questioni politiche? In un certo senso si, ma come ce l’ha la confindustria. Invece a me pare che, anche da parte di molti laici, vi sia una forte accondiscendenza nei confronti della Chiesa, alla quale si permette di dire di tutto senza alzare un dito. Mentre invece in democrazia uno ha si il diritto di dire di tutto, ma anche io poi ho il diritto di criticare quelle parole giudicandole illiberali e indecenti e invitando la Chiesa a tornare entro il suo seminato, ovvero di rivolgersi alle anime e non agli onorevoli. Inoltre c’è da sottolineare che la confindustria non si permette di parlare a nome dei non iscritti, cosa che invece la Chiesa pretende di fare. La confindustria non pretende nemmeno delle leggi che obblighino la gente a comprare solamente i prodotti degli iscritti e se lo facesse avrebbe i sindacati alle calcagna pronti a contrastarli. Lo stesso principio invece per la Chiesa non viene accettato. Essa, secondo molti, ha il diritto di parlare di tutto ciò che vuole e il diritto di non essere criticata per questo.
Altro aspetto importante è che nessuno, in un paese normale (dunque non l’Italia) accetterebbe che il leader della confindustria si candidasse a guidare il governo. Così io non accetterei che un prelato si candidasse a guidare il governo esattamente per lo stesso, identico motivo: il conflitto di interessi.
L’art. 67 infatti non è né giacobino, né ideologico né totalitario. Anzi, è un importantissimo principio liberale e democratico che, purtroppo, è inattuato, ma per fortuna ancora presente.
Con esso infatti si pone il problema che non si possono fare delle leggi a vantaggio o a svantaggio di una sola parte della popolazione, bensì vanno fatte delle leggi a vantaggio di tutto il Paese.
Dunque, così come si critica Berlusconi perché quando si candida a premier è sottoposto ad un grave caso di conflitto di interessi, il quale fa si che egli si preoccupi delle sue aziende e di quelle dei suoi sostenitori in maniera maggiore rispetto a quanto non si preoccupi del destino del Paese allora anche un’eventuale candidatura di Bagnasco andrebbe criticata, in quanto difficilmente egli voterebbe delle leggi che garantiscano la libertà e i diritti di tutti, privilegiando leggi a favore della sua “Verità” e dell’associazione di cui fa parte. Qui poco ci importa se la maggior parte dei nostri parlamentari ha più o meno gli stessi problemi di Berlusconi (e dunque di Bagnasco) o se, anche se non hanno quei problemi, si comportano come se li avessero. Quello che voglio dire è che non sarebbe auspicabile immettere nuovi problemi oltre a quelli gravi che già abbiamo.
Dunque io sono d’accordo che la Chiesa esprima il suo parere, non sono d’accordo quando lo fa per condizionare il parlamento italiano (già, perché in Francia, paese liberale e democratico, non si permette le stesse “libertà” che si permette in Italia). Inoltre, sempre il nome della libertà e della democrazia, rivendico il mio diritto di criticare le parole della Chiesa, in quanto mi sento in dovere di difendere i diritti che verrebbero lesi se si desse ascolto alle loro sfuriate. Sarei infine d’accordo se la Chiesa si ritirasse nel suo campo, ovvero quello religioso. Molti si chiedono perché negare alla Chiesa il diritto di fare politica o di parlare di politica. Io dico che è giusto negarlo innanzitutto perché la storia ha dimostrato che il papa-re è molto pericoloso, inoltre perché non si capisce a cosa serva la politica ad un’associazione religiosa. Spiegatemi per cosa ne ha bisogno. Non può parlare ai propri fedeli, dir messa, pregare e fare le “opere pie” anche senza politica o senza intervenire nelle questioni politiche?
Non può forse invitare i propri fedeli a non abortire senza chiedere allo Stato di vietare l’aborto per tutti (compresi i non fedeli) o senza criticare la libertà di scelta che, fortunatamente, abbiamo conquistato?
La libertà dunque non può essere ridotta al liberismo civile, ovvero a lasciare che tutti facciano e dicono ciò che vogliono. La libertà e il liberalismo è una sottile arte di contrappesi che deve dare più diritti a chi ne ha meno e deve difendere questi ultimi dalla prepotenza dei più forti. Anche correndo il rischio di apparire illiberali chiedendo a chi minaccia davvero la libertà di tacere. Infatti non mi pare che sia la Chiesa la parte debole, che rischia di dover tacere, in questo caso. Se un giorno dovesse essere la parte debole, statene certi, lotterò perché possa continuare ad esistere e a godere dei loro diritti.

7 commenti:

  1. bene,con il chiarimento siamo già più vicini.
    ti segnalo soltanto - scusa se faccio la mosca tze tze - il rischio di un paradosso. se si deroga al principio che tu definisci di "liberismo civile", a quel punto tutti sono autorizzati a farlo. ed il brutale rapporto di forza, che penalizza il più debole, l'avrai fatto pure uscire dalla porta, ma ti rientra dalla finestra. (estremizzando,anche la dittatura del proletariato doveva essere a favore della classe più debole, contro il prepotere della classe dominante). saluti liberali!

    RispondiElimina
  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  3. Ricky,
    innanzi tutto, da cristiano cattolico postmoderno ti chiedo di togliere la maiuscola nella parola chiesa, perché mi imbarazza. Un liberale difende la libertà di espressione di chiunque, principalmente si batte affinché possa esprimersi chi dal potere è zittito o deriso o comunque emarginato. Magari la chiesa avesse maggior "maggior voce e maggior potere"! La chiesa, invece, è zittita, derisa ed emarginata dal clero innanzi tutto e gli attuali mass media fanno pure passare la visione monolitica della chiesa cattolica che il Vaticano vuole farci credere! I laici chi sono? I non credenti? Non so se siano una minoranza, ma non credo che esista un pensiero politico appannaggio dei credenti ed uno dei non credenti. Liberali ve ne sono tra gli uni e tra gli altri, totalitari tra gli uni e tra gli altri, menefreghisti tra gli uni e tra gli altri, di sinistra tra gli uni e tra gli altri e così via.
    Dobbiamo contrastare con tutte le nostre forze i clericali ed i potenti prepotenti che calpestano i principi laici della convivenza e delle libertà civili e politiche, "come ad esempio il diritto della donna di abortire o il diritto del malato terminale di porre fine alla propria vita". Sul testamento biologico avrei dei dubbi molto laici e non la penso come te.
    I politici, ripeto, non dovrebbero mai genuflettersi di fronte ai preti! Fermo restando il diritto di chiunque di esprimere le sue idee politiche e/o il proprio giudizio su quelle altrui.
    Quali siano i compiti della chiesa lasciamolo stabilire alla chiesa stessa, l'importante che rispetti, ripeto, le norme della convivenza civile. Ecco perché tutti i privilegi alle chiese ed al loro clero dovrebbero tassativamente essere aboliti! Dicano i preti ciò che vogliano, si candidino pure, ma non pretendano trattamenti di favore!
    Finirebbe così il rischio di qualsiasi conflitto d'interesse dal punto di vista politico. Dal punto di vista religioso è tutt'altro paio di maniche, poiché dovrebbe giustificarsi di fronte al precetto di distinguere le cose divine da quelle di Cesare e se ci riuscirebbe di fronte alla società ed anche ai fedeli, di certo ciò non salverebbe la sua anima dal peccato, per usare termini da bigotti.
    L'art. 67 della Costituzione è inattuato perché inattuabile. In esso non si parla di come debbano essere le leggi ordinarie, bensì di quale spirito debbano avere coloro che svolgono la funzione legislativa e se sull'idea potrei concordare (tralasciando che la società è sempre piena di conflitti e la Nazione nasce, vive ed è costituita da tali conflitti), dissento sul pensiero che quest'idea possa essere imposta per norma di legge.
    In base al tuo principio solo i liberali potrebbero fare politica poiché chiunque tale non sia pretende, appunto, che la sua visione sia imposta agli altri ed uno Stato liberale totalitario mi sembra una contraddizione in termini.
    Riguardo ciò che tu chiedi alle chiese in quanto tali, mi sembra giusto, ovvero che non facciano politica in quanto tali, ma non possiamo imporre per legge questa nostra sacrosanta opinione. Se poi le chiese divenissero tutte liberali sarebbe un bel miracolo, sempre rimanendo nel linguaggio dei bigotti. Nessuno, mai, dovrebbe essere ridotto al silenzio dal potere, in uno Stato liberale.

    RispondiElimina
  4. La maiuscola sono costretto a metterla, se vuoi te lo spiegherò, ma non imbarazzarti, te ne prego. C'è di peggio per cui imbarazzarsi. Quello che tu chiami chiesa e quella che io chiamo Chiesa sono due cose evidentemente diverse e distinte, il fatto è che però la tua sta dentro la mia e non pare aver intenzione di sovvertire i rapporti di forza.
    L'art. 67 è chiaramente inattuato, così come l'art. 1 o l'obiettivo della costituzione americana di andare alla ricerca della felicità. E allora? Solo perchè inattuati o difficilmente attuabili sono da abolire? Allora aboliamo anche la libertà, la giustizia, il diritto, la legge e chi più ne ha più ne metta. No, l'art. 67 ci dà un valore importante e poco importa se è inattuato. L'azionismo e il liberalsocialismo sono qui proprio per cercare di attuarlo meglio possibile.
    Il punto di vista religioso che si deve eclissare quando si agisce e si parla per conto dello stato e della nazione sarebbe un problema dei preti, così come l'interesse privato di Berlusconi è un problema suo. Teoricamente però, perchè in pratica diventa un problema pubblico, dal momento che costoro attuano un interesse privato in atto pubblico, che sarebbe anche reato, tra l'altro. In ogni caso il principio del vietare i conflitti di interesse è ben saldo in ogni democrazia liberale, altrettanto non è il percorso per ottenerlo. Ma ci si prova, se non altro.
    In base al mio principio, non completamente esposto nel post, tutti possono fare politica, dai comunisti ai fascisti, purchè rispettino il diritto degli altri a farla nello stesso modo. Poichè storicamente queste forze hanno dimostrato di essere poco inclini al rispetto altrui è chiaro che un liberale le avversa e si augura che non scendano in campo o che, al limite, se ne escano. Ma io mai sosterrei che Berlusconi non deve fare politica. Dico solo che, per farla, dovrebbe liberarsi delle sue aziende. Dopodichè dico che comunque la sua politica mi fa orrore. Lo stesso direi di un prete parlamentare o di un comunista o di un fascista. Spero tu mi abbia capito. Nella stessa maniera non vorrei mai vietare per legge alla Chiesa di parlare. Vorrei però che qualche autorevole politico la invitasse a parlare di più con le anime e di meno con gli onorevoli.

    A Stefernando dico che ha ragione, il rischio che il più forte sovrasti il più debole è sempre in agguato. Ed è proprio per evitare questo che servono (servirebbero) le leggi e il diritto. A garantire il più debole contro il più forte. Quello che io definisco liberismo civile è una sorta di liberismo economico, dove alla fine va a finire che che, siccome non ci sono regole, si impone solo il più grosso, con metodi spesso illegali ed illegittimi, a danno magari del più piccolo che però avrebbe meritato maggiormente.

    RispondiElimina
  5. Ricky,
    chi o cosa ti costringe ad usare la maiuscola? Continuo ad imbarazzarmi. Non ho capito che intendi per Chiesa.
    La legge dovrebbe essere per me accompagnata da sanzioni nel caso di sua violazione o, almeno, stabilire i principi sui quali le altre norme dovrebbero basarsi. Il primo articolo della nostra costituzione stabilisce principi sui quali altre norme sia costituzionali che ordinarie si basano. Non esiste un solo articolo della costituzione statunitense che stabilisca l'obiettivo "di andare alla ricerca della felicità". La mentalità statunitense avrebbe di che trafelare per una simile idea! E' la dichiarazione d'indipendenza statunitense a parlare della ricerca della felicità, ma non come obiettivo statale, bensì come diritto inalienabile dell'essere umano! L'azionismo teso ad attuare l'articolo 67 non mi appartiene.
    Dici che "Il punto di vista religioso che si deve eclissare quando si agisce e si parla per conto dello stato e della nazione sarebbe un problema dei preti, così come l'interesse privato di Berlusconi è un problema suo". Vedi, che il principio di cui sopra del diritto alla ricerca della felicità è inteso in senso religioso nella dichiarazione d'indipendenza statunitense. Riporto qui il testo:

    "Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità."

    Né tu né io avremmo mai scritto un testo simile, ma credo che siamo d'accordo sul principio.
    Sul liberismo mi sa pure che non concordiamo, ma sul resto mi sa proprio di sì.

    RispondiElimina
  6. Ripeto, per me Chiesa è la Chiesa cattolica. Visto che si parlava di libertà di parola ti chiedo che fastidio ti dà se io ci metto la maiuscola. Mi obbliga a farlo il mio professore di italiano, quando mi disse che, nell'italiano, i nomi propri sono caratterizzati dalla lettera maiuscola iniziale. Per me Chiesa è il nome proprio di un'organizzazione e dunque, siccome cerco, nel limite del possibile, di non fare errori ortografici, ci metto la maiuscola. Mi auguro mi sia concesso.
    Dunque tu saresti contrario a contrastare i conflitti di interessi, che vanno chiaramente contro l'art. 67, saresti favorevole a un parlamento di corporazioni dove, invece di fare leggi a beneficio di tutti, si fanno leggi a beneficio delle varie lobby? Certo, mi dirai che è proprio quello che succede in Italia, difatti a me non piace molto quello che succede in Italia, non so te.
    La Costituzione italiana non prevede nessuna sanzione. Essa però ha in sè molti principi che noi siamo tenuti a perseguire.
    Sul liberismo c'è tutta una scuola ideologica che non condivide, purtroppo per loro però la crisi non se l'è inventata "l'Unità".

    RispondiElimina
  7. Ricky,
    se per Chiesa intendi la chiesa cattolica, allora faresti bene a scrivere Chiesa Cattolica, se lo consideri nome proprio di una chiesa. Io non lo considero tale anche perché di chiese cattoliche ve ne sono più di una e non tutte sono in piena comunione con la Chiesa Cattolica Romana. Le chiese vetero-cattoliche, alle quali mi sento molto vicino, ad esempio, riconoscono il primato papale, come successore di Pietro, ma rifiutano il dogma dell'infallibilità.
    Inoltre, molte altre chiese cristiane si definiscono "Chiesa Cattolica" o una sua componente, tra queste la Chiesa Ortodossa d'Oriente, la Chiesa Ortodossa d'Occidente, le chiese luterane e anglicane, la Chiesa Cattolica Tradizionalista ed altre chiese cristiane. Nessuna di queste riconosce il papa come autorità infallibile e nessuna di queste fa parte di quella che tu chiami Chiesa.
    Il fastidio mi deriva dal fatto che la chiesa cattolica la ritengo qualcosa di cui faccio parte e vivo quest'appartenenza come un'adesione morale, sentimentale e culturale ad una grande tradizione religiosa, non come un'adesione ad un'associazione, che ha un'organizzazione ben precisa. Chiesa non è nome proprio di nessuna delle denominazioni religiose in genere, cristiane in particolare e, ancora più nello specifico, neppure di nessuna delle denominazioni cattoliche! Infatti ognuna di esse, compresa quella Cattolica Romana (considerandola con l'insieme delle chiese particolari ad essa in comunione), aggiunge al termine Chiesa degli aggettivi nella propria denominazione ufficiale o di corrente uso. Certo che puoi chiamare Chiesa una delle chiese cattoliche, quella più potente e rilevante socialmente e politicamente (specie in Italia), come io posso, spero, sentirmi in imbarazzo vedendo la maiuscola.
    Non sono "contrario a contrastare i conflitti di interessi", bensì d'accordo con l'abolizione dell'art. 67. Voglio un parlamento fatto da parlamentari che si sappia il più possibile quali interessi difendono. Non ho nulla contro il sistema dei gruppi d'interesse tipo quello statunitense. In Italia, invece, si riempiono la bocca di espressioni che evocano l'interesse generale per farsi sempre poi i propri interessi particolari attraverso quelli che dovrebbero essere pubblici poteri.
    La Costituzione stabilisce principi su cui deve fondarsi l'intero ordinamento e ciò mi va più che bene. Quando stabilisce principi che debbono essere rispettati dalla legge ordinaria (violando la quale si hanno sanzioni) lo accetto. Se stabilisce principi di comportamento, senza stabilire sanzioni relative alla violazione di quei principi, non lo accetto.
    La crisi per me è frutto, casomai, del mancato pieno liberismo e liberoscambismo.

    RispondiElimina

Lettori fissi