mercoledì 24 giugno 2009

Così muore la giustizia

di Rosa Villecco Calipari*

Con la diciannovesima fiducia ottenuta alla Camera dal Governo sul ddl Intercettazioni si è inferto alla Giustizia italiana un colpo letale. La speranza che qualcosa migliori o cambi nel successivo passaggio al Senato si affievolisce di giorno in giorno, nonostante gli innumerevoli richiami di sindacati di Polizia, di magistrati e giornalisti che hanno denunciato con durezza, ognuno per il proprio settore operativo, tutte le modifiche che saranno introdotte.

Il ddl prevede un giro di vite senza precedenti sull'uso delle Intercettazioni e comporterà inevitabilmente gravissime conseguenze. Non sarà più possibile indagare a carico di ignoti (omicidi, violenze sessuali, corruzione e reati finanziari) visto il divieto di intercettazioni ambientali se non nei luoghi dove si commette o dove si suppone che stia per verificarsi un reato. Conseguentemente, in un territorio come purtroppo è il nostro Mezzogiorno, devastato dalla criminalità e dove non ci sono praticamente mai stati molti testimoni di giustizia, consentire l'uso delle intercettazioni solo alla fine dell' indagine, quando sono stati già raccolti "evidenti indizi", e per tempi estremamente limitati, è un non senso. Sono infatti le intercettazioni a lungo termine che permettono di cogliere fenomeni che altrimenti resterebbero nell'ombra, di scoprire collegamenti, relazioni e complicità che poi permettono agli investigatori di individuare i responsabili di gravi delitti.
Non sarà più possibile indagare sui reati commessi dai religiosi perché il magistrato avrà l’obbligo di informare il vescovo e, qualora l’indagato sia un vescovo o un abate, il cardinale Segretario di Stato. Non facciamo difficoltà ad immaginare quale sarà il futuro delle indagini su abusi sessuali e su reati commessi attraverso spericolate speculazioni finanziarie da fondazioni religiose di comodo.

Sarà poi difficile controllare i telefoni degli 007: il pm dovrà chiedere l'autorizzazione al Presidente del Consiglio che avrà 30 giorni per opporre il segreto di Stato. I nomi dei pm non potranno neanche essere pubblicati dai giornalisti che scriveranno sulle inchieste. Ce n'e' anche per la stampa: carcere da 6 mesi a 1 anno, trasformabili in una sanzione, pecuniaria, per chi pubblica le Intercettazioni che restano comunque «top secret» fino alla fine delle indagini preliminari. Multe salatissime (fino a 465 mila euro) sono previste anche per gli editori.

Paradossale che in un momento in cui la sicurezza dei cittadini è di sovente evocata come priorità nel Paese, il Governo compia scelte che rappresentano un oggettivo favore ai criminali. Al Ministro della Giustizia Alfano che auspica che in Senato il provvedimento mantenga l'impianto attuale voglio ricordare quanti omicidi e altri gravi reati non sarebbero stati positivamente risolti: gli orrori della clinica S. Rita di Milano, Calciopoli, lo stupro della Caffarella, il sequestro Abu Omar, Vallettopoli, il crac Parmalat e le tangenti INAIL, per citare solo alcune delle migliaia di vicende giudiziarie.
E l'opinione pubblica avrebbe conosciuto con molti mesi di ritardo i retroscena di indagini su episodi di grave malcostume politico e amministrativo.
La scelta dell'esecutivo suscita amarezza e sconcerto. Concordo pienamente con i Sindacati di Polizia, uniti nel condannare il provvedimento, nel ritenere che questa legge lasci campo libero alla criminalità organizzata e introduca una impunità assoluta per i delitti contro la pubblica amministrazione. Senza contare gli effetti sul diritto di cronaca.
Ancora una volta questo esecutivo, racconta a tutti gli italiani un’altra realtà dimostrando, con i fatti, un’incoerenza disarmante; formulando norme che lasciano operatori e professionisti della sicurezza letteralmente disarmati di fronte ad una criminalità organizzata che opera al passo con i tempi e le tecnologie e che, nel caso della mafia, realizza un fatturato che supera i 130 miliardi di euro l’anno.
Invece di garantire uomini e mezzi agli uffici giudiziari soprattutto nel Sud d’Italia ed invece di fornire risorse e mezzi agli uomini delle forze dell’ordine, il Governo si concentra su “altro”, con estrema disinvoltura.
La propaganda della sicurezza-spot sta conducendo la politica italiana a scelte illogiche e incoerenti al limite della schizofrenia: così per tutelare la sicurezza si prevede l'impiego dell'esercito nelle strade, si respinge nei lager libici disgraziati in cerca di sopravvivenza, si pattugliano le strade delle nostre città con ronde di partito.

* Capogruppo PD Commissione Difesa

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