di Gian Carlo Caselli - 10 giugno 2009
Caro Direttore,
sicurezza. Sicurezza. Sicurezza... Un bene primario, non c’è dubbio. Da tempo lo si invoca, nel nostro Paese, con toni sempre più forti. In campagna elettorale spesso esagitati.
Ma la propaganda e le strumentalizzazioni possono giocare brutti scherzi. Per esempio possono spingere a scelte illogiche, incoerenti al limite della schizofrenia. Penso a chi per tutelare la sicurezza ha previsto persino l’impiego dell’esercito nelle strade. Penso a chi ordina alla flotta di respingere in Libia dei disgraziati in cerca di sopravvivenza. Penso a chi vorrebbe pattugliare le strade delle nostre città con ronde di salute pubblica. Attenzione: non voglio discutere (in questa sede) il merito dei provvedimenti. Mi chiedo invece come si possa mettere in campo, su alcuni versanti, tutto e di più (esercito, flotta e ronde), quando quel che funziona su altri - ancor più decisivi - versanti viene disinvoltamente smantellato. Mi riferisco alla nuova disciplina delle intercettazioni, che della sicurezza sembra farsi carico poco o nulla, dal momento che si ostacolano o si condannano ad esiti infausti le indagini su delitti anche gravissimi, indagini che proprio della sicurezza sono il primo e più solido baluardo. Con buona pace, appunto, della logica e della coerenza nelle scelte.
L’esperienza di una qualunque Procura offre ogni giorno un elenco interminabile di casi risolti grazie alle intercettazioni telefoniche o ambientali. Ogni giorno fior di colpevoli vengono individuati, e persone innocenti sono scagionate da false accuse, grazie a questo insostituibile strumento di indagine, fonte di certezze processuali. La nuova disciplina ne riduce drasticamente le potenzialità, di fatto lega le mani agli investigatori. Ciò significa (non c’è trucco che possa cancellare questa verità) garantire impunità o quasi a fior di delinquenti che non siano mafiosi o terroristi ma «soltanto» assassini, rapinatori, estortori, stupratori, pedofili, bancarottieri, corruttori, usurai, sfruttatori di prostitute, trafficanti di droga e via elencando. Semplicemente assurdo. Ancor più assurdo se a pretendere o a sostenere la riforma, accettando una sicura catastrofe per la loro e la nostra sicurezza, sono proprio coloro che continuamente strillano di «tolleranza zero».
Per cogliere meglio tale assurdità, supponiamo che un portavoce del Governo si presenti all’ordine dei medici per dire: «voi avete a disposizione radiografie, tac, risonanze magnetiche e altre cosucce del genere. Bene, da domani si cambia. Tornate alle sanguisughe e accontentatevi. Vuolsi così colà dove si puote...». Se mai questo paradosso (proposizione formulata in contraddizione con i principi elementari della logica) diventasse realtà, si ribellerebbero all’istante non solo i medici, ma tutti i cittadini italiani. Nessuno, uomo o donna, vecchio o bambino, leghista o democratico di sinistra, berlusconiano o finiano, consentirebbe a chicchessia di giocare con la sua pelle. Ci sarebbero tumulti di piazza in ogni dove, per difendere il sacrosanto diritto alla salute.
Spostiamoci ora dal settore della sicurezza sanitaria a quello della sicurezza sociale. Le intercettazioni sono vere e proprie «radiografie giudiziarie» che consentono di vedere in profondità, dentro i fatti da punire, scoprendone i responsabili. Bene: la riforma delle intercettazioni su cui il Governo intende mettere la fiducia equivale al discorso ipotizzato per i medici. E come se ai magistrati e alle forze dell’ordine si dicesse: scordatevi le intercettazioni, rinunziate a questi strumenti di indagine; troppo moderni; tornate alle «soffiate» di qualche confidente. Difatti, consentire le intercettazioni soltanto quando vi sono indizi di colpevolezza «gravi» (la sostanza non cambia scrivendo «obiettivi» o «rilevanti») significa che in sostanza le intercettazioni potranno essere date soltanto in rari casi e che un bel numero di delinquenti (molti, molti più di oggi) riusciranno a farla franca. Forse che quando si tratta di intercettazioni ci si può consentire il lusso di ridurre la sicurezza ad un optional? Fino a che punto i cittadini si rendono conto che con una mano si alzano muri (magari di cartapesta) e con l’altra si smantellano i veri bastioni della sicurezza, cioè le intercettazioni? Sembrerebbe che i cittadini siano vittime di un qualche sortilegio, perché se ne stanno buoni, mentre se si trattasse di sicurezza sanitaria protesterebbero, eccome!
Nessuno nega che vi sia il problema di impedire l’uso processuale e più ancora la divulgazione delle intercettazioni relative a soggetti, fatti o circostanze che sono estranei all’oggetto del processo. Al riguardo il progetto di riforma fissa dei paletti rigorosi e merita approvazione. Ma al di là di questo perimetro le potenzialità investigative delle intercettazioni vanno garantite, nell’interesse dei cittadini comuni. Anche se qualche «potente» la pensa diversamente. Perché da sempre gli «arcana imperii» segnano le barriere con cui il potere cerca di proteggere le sue deviazioni. Le intercettazioni violano queste barriere, mettono a nudo il potere. Per cui ben si spiega l’ostilità di certa politica per gli incisivi controlli che le intercettazioni consentono. Ma questa ostilità non è certo un buon motivo per scagliare un siluro sotto la linea di galleggiamento della sicurezza di tutti gli altri italiani.
Tratto da: la Stampa
giovedì 11 giugno 2009
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