di Paolo Biondani e Claudio Pappaianni
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/silenzio-di-stato/2102318/8/3
Tutte le intercettazioni che non potrete più sentire nè leggere con la nuova legge. Video, audio e trascrizioni esclusive su tangenti, mafia e camorra. Da Mani Pulite alle tangenti. Ma anche le inchieste su terrorismo, camorra, mafia. Ecco tutte le indagini che la nuova legge sulle intercettazioni impedirà
Tutta un'altra storia. Se non ci fossero state le intercettazioni, oggi l'Italia sarebbe molto diversa. Se le norme volute dal governo Berlusconi e approvate dalla Camera con il voto segreto di molti deputati dell'opposizione fossero state già in vigore, molti dei grandi scandali dell'ultimo ventennio non sarebbero mai venuti alla luce. Quegli "evidenti indizi di colpevolezza" che diventeranno obbligatori per fare scattare le registrazioni sono tali da renderle un'arma pressoché spuntata. Perché i telefoni sotto controllo sono stati fondamentali per scoprire quegli indizi che interrogatori e perquisizioni hanno poi trasformato in prove. Il limite di 60 giorni per la durata degli ascolti, poi, fa venire i brividi agli investigatori che si occupano di mafie: molte volte ci vogliono anni prima che un vero boss si tradisca e si lasci sfuggire un elemento significativo. Persino i terroristi, islamici o brigatisti, avranno vita più facile, grazie alla barocca disposizione sulle microspie che potrebbe far escludere le intercettazioni ambientali in auto o su yacht. E infine il problema dell'informazione: il divieto di pubblicare qualunque notizia prima del processo in molti casi avrebbe permesso di completare il disegno affaristico criminale di colletti bianchi nelle imprese o nella pubblica amministrazione.
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Mani Pulite addio
L'inchiesta del pool Mani Pulite, che si è chiusa con oltre 1.400 condanne definitive, era cominciata il 17 febbraio 1992, in apparenza, con l'arresto in flagranza del socialista Mario Chiesa, sorpreso nel suo ufficio con la mazzetta appena consegnatagli da un piccolo imprenditore. Solo in aprile, grazie alla prima proroga delle indagini, si è scoperto che in realtà i telefoni di Chiesa erano sotto controllo dall'ottobre precedente. E proprio quelle intercettazioni rivelarono all'allora pm Antonio Di Pietro che quel politico milanese di seconda fila aveva accumulato miliardi di lire su conti svizzeri battezzati con sigle di fantasia come Fiuggi e Levissima. Sempre quelle telefonate guidarono la perquisizione-chiave che portò a sequestrare, nascosto nel cassetto della scrivania del figlio, l'appunto manoscritto in cui Chiesa aveva annotato i nomi dei big del partito a cui girava le tangenti, con accanto le cifre. Senza le intercettazioni, forse Chiesa sarebbe stato arrestato comunque, ma i magistrati non avrebbero potuto scoprire il sistema. E Tangentopoli sarebbe morta sul nascere, come un singolo caso di concussione addebitabile a un 'mariuolo' isolato. Va ricordato che quelle intercettazioni erano state disposte in base a semplici sospetti originati da una querela presentata dallo stesso Chiesa contro un cronista milanese, Nino Leoni. Scontata la condanna definitiva, Mario Chiesa è stato riarrestato quest'anno, questa volta come imprenditore, per uno scandalo di rifiuti scoperto sempre e solo grazie alle intercettazioni.
Il tesoro dei furbetti
Le famose registrazioni dell'estate 2005, probabilmente (ma la nuova legge ha molte incognite applicative), si sarebbero potute fare lo stesso, perché i pm avevano già da fine aprile indizi molto forti. Con le nuove norme, però, l'opinione pubblica avrebbe saputo solo con tre anni di ritardo, cioè dopo il rinvio a giudizio, che il banchiere Gianpiero Fiorani, intercettato dal 24 giugno 2005, aveva l'arbitro dalla sua parte: il governatore Antonio Fazio, registrato a mezzanotte passata, mentre comunicava il via libera di Bankitalia al numero uno della Popolare di Lodi, che lo ringraziava con un metaforico "bacio in fronte". Se le intercettazioni della scalate fossero rimaste segrete, forse Fazio sarebbe ancora governatore. Di certo i magistrati non avrebbero mai potuto scoprire i tesori dei furbetti. Fiorani, infatti, è finito in carcere solo cinque mesi più tardi, quando i pm hanno scoperto che si era impadronito di almeno 45 milioni di euro. Questa inchiesta-bis sulle appropriazioni indebite di Fiorani e dei suoi complici era partita dalla classica intercettazione in apparenza marginale e su temi privati: Fiorani, al telefono con un'architetta, parlava dei lavori da eseguire nella villa in Sardegna che risultava intestata ai prestanome. Seguendo quell'esile traccia telefonica, i pm hanno scoperto l'intera mole di ruberie personali, attuate da 72 indagati che hanno risarcito allo Stato la cifra record di oltre 360 milioni di euro. "Con una sola indagine abbiamo pagato tutte le intercettazioni milanesi del prossimo decennio", ride il procuratore aggiunto Francesco Greco, respingendo così la tesi governativa secondo cui i pm spenderebbero troppo per questo strumento d'indagine.
Ecco la registrazione più famosa. Sono le 00,12 del 12 luglio 2005, quando il governatore telefona a Fiorani.
Fazio: Ti ho svegliato?.
Fiorani: No, no.
Fazio: Allora ho appena messo la firma, eh.
Fiorani: Ah... Tonino, io sono commosso, con la pelle d'oca. Guarda... ti darei un bacio in questo momento, sulla fronte ma non posso farlo... So quanto hai sofferto, credimi... prenderei l'aereo e verrei da te in questo momento....
La camorra ringrazia
Nel 2007 determinante per l'arresto del boss della cosiddetta Alleanza di Secondigliano, Salvatore Lo Russo, fu un lungo lavoro di intercettazione a bordo del suo yacht Elen, ormeggiato nel porto di Mergellina. L'inizio degli ascolti è datato 22 maggio 2006, i colloqui più significativi sono del 23 e del 29 agosto, cioè ben oltre il termine di 60 giorni. Questo senza contare che l'ambientale su una barca in piena estate potrebbe essere considerata priva del 'fondato motivo di ritenere che (lì) si stia svolgendo un'attività criminogena'. Ma anche la guerra del rione Sanità, in cui venne fatta esplodere persino un'autobomba tra la folla, tra il clan Misso e una squadra di scissionisti venne risolta grazie a una microspia nella casa del capo ribelle Salvatore Torino: ovviamente ci volle molto più di due mesi prima di registrare le conversazioni decisive. Ecco la riunione in cui si prepara la risposta armata ai Misso.
Nanduccio: Non hai trovato i cosi di là dentro?
Torino Salvatore: No, no
Nanduccio: Questi qua sono buoni, quelli che stanno dentro? (si sovrappongono le voci e si sente la parola: Kalashnikov)
Uomo: È meglio una nove per ventuno (pistola semiautomatica). sono originali...
Torino S.: La cosa di Gino dove ce l'hai?
Nanduccio: Ma è bella come quella.
Torino S.: È nuova questa. Tutto il bordello non pesa proprio niente!
Nanduccio: ti ingrippi perché non ha sicura
Torino Nicola: No, ma Nanduccio ha il trentotto (revolver cal. 38) in mano?
Uomo 1: A me piace il trentotto (revolver cal. 38), quello a cinque botte.
Genny: Ma qua pure ci sta parecchia roba. Qua ci stanno due nove per ventuno (pistola cal 9x21), due sette (pistole cal. 7,65), un fucile a pompa, una mitraglietta e una lupara. Mamma mia come è bello sparare con una lupara!
E dopo avere discusso lungamente di armi, si passa alla faida.
Torino S: Per quanto riguarda i Sarno, oggi ti dico che sono nemici nostri, fino a quando non ci portano un'imbasciata. rimangono sempre le cose come stanno. Sia i Misso e sia i Sarno noi dove li vediamo possiamo fare, gli possiamo buttare qualche botta appresso. Ai Mazzarella dove li troviamo li troviamo, se gli possiamo offrire il caffè.
Talpe in Procura
Secondo investigatori e inquirenti palermitani, con la nuova normativa anche l'inchiesta sulle talpe nella Procura antimafia non si sarebbe potuta portare a termine. Sarebbe impossibile lavorare sulle utenze dei personaggi allora coinvolti: imprenditori sospettati di collusioni con i padrini, ma soprattutto politici, docenti universitari, medici e investigatori. È questo il processo per cui l'ex governatore regionale Salvatore Cuffaro è stato condannato in primo grado a 5 anni. Protagonisti con lui il re delle cliniche private Michele Aiello, in contatto con Bernardo Provenzano, i due marescialli Giuseppe Ciuro e Giorgio Riolo che fornivano notizie sulle istruttorie. Anche Perseo, il maxi blitz dei carabinieri che ha smantellato i nuovi vertici di Cosa Nostra con 99 arresti, non sarebbe andato a buon fine. Perché pure in quel caso i vincoli avrebbero impedito di approfondire le posizioni di un nutrito gruppo di fiancheggiatori. E nulla sarebbe emerso sulle relazioni tra i clan e il mondo politico: da Perseo sono partite le indagini per i deputati regionali Antonello Antinoro (Udc), Riccardo Savona (Udc) e Alessandro Aricò (Pdl), a cui, in un secondo filone dell'inchiesta, aggiunge il parlamentare Udc Saverio Romano.
Ecco come le intercettazioni hanno integrato il lavoro di inchiesta: "Nel successivo interrogatorio del 5 gennaio 2004 l'Aiello precisava che l'onorevole Cuffaro, gli aveva detto che nel corso delle indagini a suo carico "erano state messe in evidenza le telefonate tra me (Aiello, ndr.), Ciuro e Riolo". L'Aiello, come al solito, riferiva la sera stessa al Carcone tutti i particolari, utilizzando i telefoni della 'rete riservata'; in occasione di questa conversazione telefonica l'Aiello faceva notare al cugino che non era emerso "niente di eccezionale, praticamente stavano. ma quello che sappiamo noi. perché è un diretto collegamento con Roma. Né più né meno quello che sappiamo. stavano commentando un po' queste conversazioni. facendo delle ipotesi... però in considerazione di questo dice: va be', apritevi gli occhi". Nei giorni successivi l'Aiello informava del suo incontro con il presidente della Regione il Ciuro e il Riolo. E questi fatti rendono non credibile la posizione di Cuffaro".
Ragnatela d'asfalto
Con la nuova legge il 'Sistema Romeo' sarebbe ancora segreto. Le intercettazioni sono andate avanti per quasi due anni e hanno permesso non solo di portare alla luce il tentativo di far aggiudicare ad Alfredo Romeo l'appalto da 400 milioni di euro per il Global Service del Comune di Napoli, ma di svelare la ragnatela che l'imprenditore partenopeo aveva costruito in tutto il Paese. I nastri hanno svelato un sistema di potere che influenzava appalti, processi e carriere politiche. La Procura ha chiesto l'arresto di due leader nazionali, Renzo Lusetti (Pd) e Italo Bocchino (Pdl). Ma la forza di condizionamento sui partiti di Romeo viene dimostrata da un singolo colloquio. Nino Bocchetti, ex segretario napoletano della Margherita, ottiene un incarico al ministero dell'Agricoltura. A comunicarglielo è Lusetti che lo invita a chiamare Romeo per ringraziarlo. Un favore disinteressato? Nel corso della telefonata, fatta ascoltare in aula nelle scorse settimane dai pm, Romeo redarguisce il suo interlocutore per aver accompagnato a Napoli imprenditori del nord interessati agli appalti stradali.
Bocchetti: Pronto.
Romeo: Inizia a preparare il Global Service del Patrimonio agroalimentare italiano...
Bocchetti: Sei grande! Un minuto fa mi ha chiamato. (ride)
Romeo: Si è scusato che ti ha chiamato direttamente perché aveva bisogno di dire al ministro se tu accettavi. Il ministro presiede direttamente il Comitato.
Bocchetti: Me lo ha detto. Guarda, Alfredo: ti porterò minimo un tir di ciocc. (inc)
Romeo: Però non mi fare dispiacere. Perché Giorgio ieri mi ha detto che sono venuti certi che sono interessati dal Nord alle strade e che tu gli volevi presentare...
Bocchetti: Io? Non scherziamo proprio. Ascolta un attimo: Palladino, nostro capogruppo, lo farà incontrare con queste persone. Non so chi siano ma io ho un solo amico e l'ho detto a tutti quanti. Anzi, quando sono venuti da me, con testimonianza, ho detto: guardate lì c'è una persona che ha rapporti nazionali a prescindere dal rapporto umano che c'ho io, non mi metterei mai contro.
Romeo: Eh, ma devi essere più chiaro Nino; perché tu sei una persona chiara, altri no. Ti prego, devi essere più chiaro.
Bocchetti: Bloccherò Palladino.
Alla loro salute
Girolamo Sirchia, ministro della Sanità del secondo governo Berlusconi, è stato condannato come medico corrotto: secondo i giudici, si faceva versare tangenti su conti esteri dalle multinazionali dei farmaci in cambio di contratti di favore per forniture ospedaliere. Con le nuove norme, non solo i cittadini non ne avrebbero saputo nulla, ma neppure i magistrati avrebbero mai scoperto la corruzione. L'inchiesta, all'inizio, riguardava un reato diverso: la turbativa d'asta. Solo dopo aver ascoltato i telefoni, i carabinieri hanno scoperto le corruzioni dei big dei farmaci e i conti segreti dell'allora ministro tra Vaduz e la Svizzera.
Il lodo Al Qaeda
I nuovi limiti alle intercettazioni ambientali, applicabili anche ai reati di mafia e terrorismo, avrebbero rischiato di ostacolare o addirittura azzerare anche le indagini più amate dal ministro leghista Roberto Maroni. A Milano, dopo l'11 settembre 2001, sono stati arrestati e condannati più di cento reclutatori jihadisti. Tutti erano addestrati a non parlare al telefono e a depistare le indagini. Tra loro spicca l''emiro' Es Sayed, che è stato condannato solo grazie alle terrificanti conversazioni carpite dalle microspie che la polizia era riuscita a nascondergli in macchina. Es Sayed è l'unico che ha avuto contatti documentati, quando era già in Italia, personalmente con Osama Bin Laden. Una sua intercettazione, registrata nel 2000 dalla microspia, fece il giro del mondo, perché è l'unica conversazione che sembra anticipare gli attentati contro le Torri Gemelle. Es Sayed ne parla con un dirigente dei servizi segreti yemeniti che è stato suo ospite in Italia e che ora è detenuto a Guantanamo.
Es Sayed: Com'è andato il viaggio?
Al Hilal: Se Dio vuole, mi auguro di portarti una finestra o un pezzo di aereo la prossima volta che ci vediamo...
Es Sayed: Cosa, azione Jihadia?
Al Hilal: Nel futuro ascolta i notiziari e ricordati queste parole: sopra la testa.
Es Sayed: Mi fai sognare... Il mio desiderio è fare uno Stato islamico.
Es Sayed: Sono cani... Tutti all'inferno!
Al Hilal: Ci sposiamo con gli americani... Si sentono leoni, la potenza del mondo, ma noi gli facciamo il servizio.
Es Sayed: Conosco fratelli entrati in America con il trucco dei giornali matrimoniali (ridono).
Al Hilal: Sappi che noi siamo in un paese di nemici di Dio, ma siamo sempre mujaheddin combattenti... Qualsiasi forza possiamo combatterla usando candele e aerei: non potranno fermarci neanche con le loro armi più pesanti. Noi dobbiamo solo colpirli. E avere la testa in alto... Ricordati: il pericolo negli aeroporti.
Es Sayed: Pioggia, pioggia!
Al Hilal: Se sarà, tutti i giornali del mondo ne scriveranno.
Evasori in festa
L'inchiesta economica con il più alto numero di indagati in corso a Milano riguarda il gruppo Mythos, una specie di holding dell'evasione fiscale che aveva per clienti oltre 300 imprenditori e società. Tutto era partito all'inizio del 2005 da una denuncia contro un singolo funzionario del fisco, Salvatore Longo. Per mesi le intercettazioni hanno registrato solo accordi e appuntamenti. I primi tre arresti sono scattati il 29 settembre 2005, quando i carabinieri hanno potuto video-registrare in diretta quel funzionario mentre intascava una bustarella da un commercialista della Mythos, Giuseppe Berghella. Soldi che Longo, secondo l'accusa, è andato subito a dividere con il dirigente dei controlli fiscali in Lombardia, Nicola Buccheri. Da quel blitz l'inchiesta si è allargata a decine di altre tangenti, divise anche ai massimi livelli dell'Agenzia delle Entrate: per ora i magistrati hanno ordinato il sequestro di 290 milioni di euro.
Berghella: È a vantaggio dell'erario, il comportamento del contribuente... non per fini evasivi o elusivi solo per fini civilistici... però dottore, gli ho detto se non capisce una cosa del genere non si vuole fare leva su quello io non posso fare niente...
Longo: Stamattina lo sta acchiappando Buccheri (inc.) qua è in giro, io ho parlato con lui, stanno giocando al rialzo Beppe, sai che mi ha detto?
Berghella: Mhh.
Longo: Ma sai ancora, per via del terremoto... la documentazione, ma che cazzo di documentazione vuoi, ti sei reso conto che è uno spostamento di numeri del cazzo?
Berghella: ...(inc.)...
Longo: Che cazzo è che cazzo è...
Berghella: Un pensierino per te, una stupidata...
Il resto della scena la descrivono i carabinieri: "Si dà atto che dalla registrazione video si nota che Berghella consegna una busta e Longo la mette nel cassetto. Successivamente si vede Longo che rientra in ufficio, apre il cassetto, preleva una mazzetta, verosimilmente di banconote, le conta più volte e infine le pone nella tasca dei pantaloni". Alla faccia dei cittadini che pagano le tasse.
(18 giugno 2009)
venerdì 19 giugno 2009
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