domenica 28 giugno 2009

Leo Valiani, l'antifascista testimone di questo secolo

Leo Weiczen nasce a Fiume nel 1909 quando la cittadina istriana è ancora uno dei principali porti dell'ormai morente Impero Austro-Ungarico. A soli undici anni diviene socialista (lo raccontò lui stesso) e a diciotto italianizzò il cognome da Weiczen in Valiani. In questo periodò conobbe i principali leader socialisti e maturò il suo attivismo antifascista che gli costò, nel 1928, un anno di confino a Ponza dove, entrato in contatto con gli oltre cinquecento comunisti lì rinchiusi, ne condivise le idee divenendo comunista. Nel 1931 viene di nuovo arrestato e, nel 1939 a seguito del Patto Ribbentrop-Molotov con cui Stalin e Hitler si spartivano le spoglie della Polonia, rompe con il Pci e, influenzato da Altiero Spinelli e dalla lettura degli scritti dei fratelli Rosselli, aderisce al movimento liberalsocialista Giustizia e Libertà (GL) e poi al Partito d'Azione (Pd'A) di cui diventerà uno dei massimi leader, ricoprendone anche la carica di segretario per l'Italia settentrionale nel 1944.
Nel 1936, uscito di prigione, va in Spagna a combattere, anche se era partito come giornalista e corrispondente di guerra del foglio comunista Grido del popolo diretto da Teresa Noce, moglie di Luigi Longo.
Nel 1939, sospettato di essere comunista, viene internato nel campo francese di Vernet. Rifiutò la scarcerazione che poteva facilmente ottenere se avesse pubblicamente ammesso di non essere più comunista, ma non volendo apparire un opportunista tacque rimanendo, così, prigioniero, ma meritando il rispetto, la stima ed il saluto dei suoi ex compagni. Con i comunisti italiani Leo Valiani si ritrovò fianco a fianco nella nuova avventura in cui si stava cimentando: la Resistenza di cui fu uno dei massimi dirigenti. Per conto del Partito d'Azione assunse la carica, con Emilio Sereni (sostituito poi da luigi Longo) e Sandro Pertini (indicati rispettivamente dal Partito Comunista e dal Partito Socialista), di membro del Comitato di Liberazione Alta Italia (CNLAI). Fu in questa veste che, mentre dai microfoni di Radio Milano Liberata la voce del giornalista e socialista Umberto Calosso invitava i cittadini all'insurrezione democratica ed antinazifascista, decise, con Sereni e Pertini, la condanna a morte di Benito Mussolini. Con la stessa fermezza con cui aveva sostenuto la necessità della fucilazione del Duce condannò la vergognosa e macabra esposizione dei cadaveri del Duce e dei suoi compagni di fuga avvenuta a Piazzale Loreto che lo stesso Ferruccio Parri aveva bollato come "macelleria messicana".
Nel 1946 è uno dei pochi (in tutto solo 7 e pensare che nella Resistenza erano stati secondi, per uomini e mezzi impiegati nella guerra di liberazione, solo ai ben organizzati comunisti!) eletti del Pd'A all'Assemblea Costituente. È in questa sede che continuerà la sua battaglia per una rivoluzione democratica all'insegna dei principi di una sinistra riformista di stampo europeo ed europeista, in Italia: sperava, come pure quell'altro grande galantuomo che fu Pietro Nenni (Psi), che su tutta l'Italia cominciasse a spirare quell'aria di innovazione progressista nota con il nome di vento del nord. In un paese ritenuto geneticamente e fortemente conservatore e privo di un reale senso civico pubblico, Valiani credeva che il miglior modo per la sinistra, di cui sarebbe stato sicuramente il leader naturale se si fosse andati oltre la ristrette e restrittiva formula frontista del 1948, per arriva al governo fosse quello di agire in un quadro istituzionale di tipo presidenzialista. Fu per questo che, insieme al giurista Piero Calamandrei, sostenne l'adozione di una forma di governo di tipo repubblicano presidenzialista che, però, non raccolse i voti sufficienti in seno alla Costituente che preferì adottare un modello di repubblica parlamentare: nonostante non ne condividesse l'aspetto puramente istituzionale Leo Valiani fu sempre un fermo e sincero difensore dei valori e dei principi della Costituzione repubblicane del 1948 che lui stesso aveva contribuito a redigere.
Al momento dello scioglimento del Partito d'Azione si ritira dalla politica attiva per dedicarsi alla sua attività di storico (ricca e di primo livello fu la sua produzione storiografica) e di giornalista (fu chiamato come editorialista al Corriere della Sera nel 1970 dal suo amico direttore Giovanni Spadolini e vi rimase fino alla morte) difendendo sempre i principi di libertà e di democrazia sociale in cui aveva creduto fin dalla tenera età di undici anni. Durante gli anni del terrorismo fu uno strenuo sostenitore della linea della fermezza e della difesa dello stato repubblicano (di cui non rinunciò ma a criticare i limiti ed i ritardi) contro ogni tentativo lassista di compromesso con i terroristi: contrario ad ogni trattativa lo fu anche durante i giorni del sequestro dello statista democristiano Aldo Moro, facendo propria e sostenendo dalle colonne del Corriere, la linea della fermezza, nota come linea Zaccagnini-Berlinguer-La Malfa, in chiara opposizione con ogni velleità trattatista di Bettino Craxi (Psi) e del nuovo gruppo dirigente del Partito Socialista che aveva conquistato la guida del partito di via del Corso dopo il congresso del Midas nel 1976.
Aderì, per un breve periodo al Partito Radicale, prima che questo cadesse nelle mani di Marco Pannella ed egli ex goliardi. Sostenne il centro-sinistra degli anni '60 dei Governi Fanfani e Moro, la Solidarietà nazionale negli anni '70 dei Governi Andreotti e poi l'esperienza di centrosinistra del l'Ulivo dei Governi Prodi e D'Alema sul finire degli anni '90.
Nel 1980 il suo vecchio amico Sandro Pertini lo nominò Senatore a vita e Leo Valiani, nell'accettare questa nomina che lo riportava in un'assemblea legislativa oltre tre decenni, aderì, nel periodo 1980-94, come indipendente al gruppo dei senatori del Partito Repubblicano Italiano per poi aderire, nel 1994-96, al gruppo della Sinistra democratica ideato e presieduto dal senatore Libero Gualtieri, suo vecchi amico e capogruppo dei tempi della comune militanza sui banchi dei senatori dell'edera.
Sabato 18 settembre 1999 moriva nella sua Milano dopo aver festeggiato da soli sette mesi il suo novantesimo compleanno.


Luca Molinari

27 dicembre 2001

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