di Bruno Tinti - 24 settembre 2009
Scudo fiscale: un certo numero di evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori, spacciatori, trafficanti di armi e di donne sta preparandosi a ripulire il bottino. Ecco come (e perché).
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate ci sono i moduli per lo “scudo fiscale”; e un certo numero di evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori, spacciatori, trafficanti di armi e di donne sta preparandosi a ripulire il bottino. Pagheranno il 5% (contro la consueta percentuale dei riciclatori di professione, dal 30 al 50%) e avranno danaro lecito, realizzando il sogno di ogni delinquente: impiegare il provento del delitto senza essere scoperto. I soldi di questa gente adesso potranno rientrare.
Magari non hanno mai lasciato l’Italia: ma basterà portarli all’estero e poi portarli indietro. Una pacchia . Certo, necessità non vuol legge: siamo senza soldi, c’è la crisi (ma c’è? Berlusconi dice sempre di no); le spese correnti ci mangiano vivi; le grandi opere cui sarà affidata la memoria imperitura del regime ingoieranno risorse stratosferiche; gli sprechi hanno raggiunto soglie da Paesi arabi o africani; come si fa? Svendiamo tutto, tiriamo una boccata d’ossigeno e… Ecco e poi?
Poi niente: questo è il terzo scudo fiscale dal 2001 e il decimo condono in 30 anni; una svendita continuata. Sulle ragioni della svendita e sui suoi pregi politici poche parole: per riempire la cassa o così o una finanziaria da urlo e un aumento della pressione fiscale micidiale. Dopodiché la popolarità di Berlusconi e soci (il 68 % dei consensi!) crollerebbe a picco e i nostri si troverebbero ad affrontare numerosi processi, non più protetti dal Lodo Alfano. Ma quali gli inconvenienti? Perché i condoni, gli scudi fiscali, le amnistie fanno male al Paese? Perché ogni cittadino che può (e dunque tutti meno i lavoratori dipendenti che, poveretti, vorrebbero tanto evadere ma proprio non possono) si fa i suoi calcoli.
La percentuale di accertamento tributario su scala nazionale va dall’8 al 10 per cento; ogni cittadino sa che, se presenta una dichiarazione tributaria falsa, la farà franca in circa il 90 per cento dei casi: nessuno lo controllerà. Il rischio di finire tra gli sfigati in realtà è più basso perché, ogni 5 anni, la dichiarazione falsa non può più essere cont rollata . A questo si aggiunge il condono periodico. In media, uno ogni tre anni. Sicché anche quelle annualità ancora a rischio di controllo (sempre il 10 per cento) le sfiliamo da sotto il naso del Fisco pagando un piccolo obolo (5 per cento contro un’aliquota media del 40 per cento). Ma chi, in questa situazione, è così imbecille da pagare le imposte dovute? Una categoria sola, il lavoratore dipendente. Ecco perché la politica dei condoni è la prima responsabile dell’altissimo tasso di evasione in Italia. Eh, però, soldi ci servono e la cassa è vuota. Vero. Allora bisogna avviare una politica tributaria di lungo respiro. Dunque introdurre il principio della totale deducibilità dei costi (lo si fa negli Usa). Vado al ristorante? Mi faccio rilasciare la fattura e la deduco; compro un vestito? lo stesso; ristrutturo una casa? idem. In questo modo il Fisco sarebbe in grado di incrociare ogni costo con il relativo ricavo. Non sfugge più niente. Ah, certo, ci va una buona organizzazione, prima di tutto informatica. Però sono tempi in cui le capacità di calcolo informatiche sono incommensurabili; e, quanto all’organizzazione, mi pare che i dipendenti del Fisco siano circa 360.000; Naturalmente chissà quanti proverebbero a dedursi costi fasulli.
Qui ci va il secondo strumento: una lotta all’evasione seria. Che, nonostante tutte le balle raccontate ogni anno dal Governo (da tutti i Governi) e dalle sue strutture specializzate in materia, attualmente è una barzelletta. Prima di tutto perché la ridotta percentuale dei controlli e i ricorrenti condoni sono un ostacolo insuperabile: se ogni tre anni debbo tirare una riga sulle evasioni fatte fino ad allora, che lotta all’evasione faccio? Ma poi perché l’accer tamento tributario è talmente complicato che, prima di arrivare alla conclusione passano anni; ma tanti. Io faccio il presidente di una sezione di Commissione tributaria regionale (l’Appello): in genere esaminiamo anni dal 1998 al 2000; ma qualche volta vediamo roba del 1995. E, dopo di noi, c’è ancora il giudizio di Cassazione... Infine perché il processo penale per i delitti tributari è una vera farsa: per le solite ragioni per cui il processo penale italiano è costruito per non funzionare; e poi anche perché la legge penale tributaria è stata scritta sotto dettatura del partito degli evasori. Pensate che, per essere sottoposti a processo penale per dichiarazione infedele, occorre aver evaso un’imposta superiore a 103.000 euro, il che vuol dire che non sono stati dichiarati ricavi per circa 250.000 euro. Insomma chi fa un nero da un quarto di milione (all’anno) non sarà mai imputato. Qualche anno con una politica tributaria assennata e un assetto sanzionatorio severo ed efficiente e anche l’Italia potrebbe aspirare ad un posto tra i Paesi civili.
venerdì 25 settembre 2009
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