venerdì 18 settembre 2009

Leo Valiani

Protagonista della Resistenza e della nascita dell'Italia repubblicana, storico, giornalista, senatore a vita e uomo di altissima moralità, Leo Valiani nacque il 9 febbraio 1909 a Fiume, città che all'epoca apparteneva al Regno di Ungheria, ma di etnia italiana. Il suo vero nome era Leo Weiczen ma a diciotto italianizzò il cognome appunto in Valiani.

Proveniente da una famiglia ebrea di madrelingua tedesca, si era formato negli anni del regime di Benito Mussolini. Trasferitosi con la famiglia a Budapest, nel settembre del 1919, dopo essere tornato a Fiume, assistette all'occupazione della città da parte di D'Annunzio, esperienza che lo ha portato in seguito a scrivere un libro di memorie sull'avvenimento. Nel 1921, invece, è testimone dell'incendio di una Camera del Lavoro da parte dei fascisti.

Nel settembre del 1926, a Milano, conosce Carlo Rosselli e Pietro Nenni: comincia la fronda e l'opposizione nei confronti del regime, tanto che il 2 marzo 1928 viene denunciato per delitto contro la sicurezza dello Stato e arrestato; nel dicembre dello stesso anno è costretto al confino a Ponza ma decide di iscriversi all'organizzazione clandestina comunista dell'isola. Dopo un anno di confino fa ritorno a Fiume ma nel febbraio del 1931, è arrestato mentre distribuisce manifestini nel porto di quella città e condannato a dodici anni e sette mesi di carcere. Resterà nel carcere di Civitavecchia fino al 1936.

Nel marzo del 1936, uscito di galera, viene espulso dal Regno d'Italia e si reca a Parigi, dove diviene collaboratore del "Grido del Popolo" che gli offre l'occasione di recarsi nella tormentata Spagna come inviato, dove partecipa alla guerra nella doppia veste di giornalista e militante. Un'esperienza che a lungo segnò la sua esistenza, anche in considerazione del fatto che la polizia francese lo arresta nel 1939 per rinchiuderlo in un campo di concentramento sui Pirenei. Intanto maturano le sue riflessioni critiche nei confronti del comunismo.

Decide quindi di uscire dal Partito Comunista e di rompere con l'Unione sovietica. Sempre nel 1939, infatti, poco prima dello scoppio della guerra mondiale, i russi sottoscrissero con i tedeschi il patto Molotov-Ribbentrop. "Quel patto - scrisse Valiani tempo dopo in una lettera a Paolo Spriano - mise termine ai miei dubbi. Esso provava l'innocenza dei trotskisti e dei buchariniani che Stalin aveva accusato di essere agenti della Germania nazista".

Entra quindi in "Giustizia e Libertà", accolto da Franco Venturi, al quale sarà legato da stretta amicizia.

Con l'invasione dei tedeschi dopo l'8 settembre del '43, Valiani fu protagonista di primissimo piano nella guerra partigiana sul fronte milanese, a fianco di Pertini, di Longo e di Sereni.
Poco prima della capitolazione del regime mussoliniano torna in Italia e aderisce al Partito d'Azione (PdA), nella cui area "liberaldemocratica" militano Parri e La Malfa.

In "Tutte le strade conducono a Roma", scrive: "Era naturale che mi inquadrassi immediatamente nel Partito d'Azione. Esso aveva assorbito il movimento di Giustizia e Libertà, al quale io avevo aderito all'estero. Quel che in Giustizia e Libertà mi aveva affascinato, era la sua audacia intellettuale, il suo sforzo volto a riconciliare, in una sintesi superiore, il marxismo e il movimento operaio con la grande filosofia liberale dell'Ottocento. In sede politica, ciò significava un atteggiamento di ricostruzione europea, al di là dei limiti posti dalle strutture statali esistenti, e quindi una forte critica verso tutti i partiti democratici tradizionali, preesistenti al fascismo e che il fascismo aveva potuto facilmente travolgere".

Valiani diviene segretario del PdA per l'Italia settentrionale. Con Pertini, Longo e Sereni prende la decisione di fucilare Mussolini. Dal 4 all'8 febbraio partecipa al primo ed unico congresso del PdA.
Nell'Assemblea costituente eletta nel 1946, il piccolo gruppo "azionista" perse quasi tutte le sue battaglie: per il sistema uninominale e per la repubblica presidenziale, per il decentramento amministrativo e regionale e per lo stato laico.
La ragione è semplice: il Partito d'Azione, pur essendo di fatto il più prolifico sotto il profilo culturale, era però anche il meno radicato nelle masse operaie e nella coscienza collettiva.

Quando gli esponenti di spicco del partito decisero poi di confluire nel Partito repubblicano di Ugo La Malfa o nei socialisti di Pietro Nenni, Valiani rimase a guardare. Decise in seguito di abbandonare la vita politica, per dedicarsi al giornalismo e alla scrittura di saggi storici.

Nel 1980 venne poi nominato senatore a vita, cosa che lo spinse a scegliere di entrare, come indipendente, nel gruppo parlamentare repubblicano. Nel 1994-96, però, aderì al gruppo della Sinistra democratica ideato e presieduto dal senatore Libero Gualtieri, suo vecchi amico.

Sabato 18 settembre 1999 Leo Valiani si spegneva nella sua Milano dopo aver festeggiato da soli sette mesi il suo novantesimo compleanno. Con lui è scomparsa una generazione di italiani rara e preziosa, ma anche un pezzo di storia oggi troppo spesso dimenticata.

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