di Monica Centofante - 10 settembre 2009
Le inchieste sulla corruzione nella Sanità pugliese, che stanno facendo tremare la giunta di Nichi Vendola e i partiti del centrosinistra, alzano il tiro e puntano alla politica nazionale. Secondo quanto rivelato oggi dal Corriere della Sera sarebbero tre o quattro i parlamentari coinvolti nelle indagini in mano ai magistrati della procura di Bari.
Almeno per come sarebbe emerso da un primo accertamento svolto dalla delegazione della Commissione d’inchiesta del Senato sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, che due giorni fa ha iniziato proprio dalla città pugliese una missione che la porterà in diverse regioni d’Italia. E che non ha il compito di esaminare “le vicende giudiziarie che non competono”, bensì quello di appurare se vi sia la necessità di “correggere comportamenti o normative” nel sistema sanitario che non sono adeguati.
Lo sottolineano i senatori Lionello Cosentino (Pd), Giuseppe Astore (Idv), Michele Saccomanno (Pdl) e Luigi D’Ambrosio Lettieri (Pdl) che come prima cosa hanno incontrato il governatore Nichi Vendola e l’assessore alla Sanità Tommaso Fiore. E successivamente i magistrati che stanno conducendo le complesse e delicate indagini su un presunto intreccio tra politica e affari nella gestione della Sanità pugliese.
“Noi vogliamo il bisturi del chirurgo per estirpare il male – ha dichiarato per l’occasione Vendola – e abbiamo bisogno di diradare l’aria da queste nebbie che talvolta cercano soltanto di depistare l’attenzione dell’opinione pubblica”.
Per quanto concerne invece l’incontro dei senatori con i pubblici ministeri si è appreso che sarebbe durato poco più un’ora e che l’ipotetico coinvolgimento dei parlamentari nelle inchieste sarebbe emerso in seguito ad una domanda secca del senatore Astore. Alla quale i pm Giuseppe Scelsi e Roberto Rossi, alla presenza di Lorenzo Nicastro e Desirée Digeronimo , avrebbero dichiarato: “Ci sono molti esponenti locali collusi. E anche dirigenti nazionali”, “tre o quattro” di entrambi gli schieramenti.
Per il momento - visto che l’incontro è stato preliminare e che entro due settimane dovrebbe esserci un secondo round - nessun nome è stato fatto e “in questa fase – ha sottolineato Cosentino – a noi i nomi non interessano, perché vogliamo solo capire come funzionano i meccanismi della corruzione, in Puglia come in altre Regioni, per poi formulare proposte di interventi legislativi e migliorare l’efficienza del sistema”. In poche parole: “Non intendiamo sostituirci alla procura”.
In realtà la Commissione ha pieni poteri e il vicepresidente Astore avrebbe già dichiarato che nel prossimo incontro i nomi li vorrà sapere e che se non dovessero risultare elementi certi si dovranno mettere a tacere le tante voci sul coinvolgimento di politici e parlamentari.
Nel frattempo le indagini della Dda di Bari proseguono a tutto campo.
La procura sta verificando la posizione di diversi esponenti del centrosinistra in merito a un presunto voto di scambio, alla compravendita di incarichi, appalti, nomine o posti di lavoro.
Lo scorso 4 settembre il pm Digeronimo ha interrogato l’imprenditore Gianpaolo “Gianpi” Tarantini, indagato in procedimento connesso nell’inchiesta a carico dell’ex assessore regionale della giunta Vendola Alberto Tedesco (Pd) oltre che di direttori generali, dirigenti di Ausl pugliesi e imprenditori. E dal Tarantini il magistrato avrebbe appreso nomi e cognomi di politici finanziati dalle sue aziende e, tra le altre cose, che il 65% del mercato pugliese delle protesi sanitarie (che secondo una stima degli investigatori vale circa 30 milioni di Euro l’anno) sarebbe stato gestito dalle società che fanno capo alla famiglia dello stesso Tedesco, ora senatore del Pd. Al vertice, secondo quanto starebbe emergendo, di quello che sembrava essere un vero e proprio comitato d’affari interno all’assessorato alla Sanità e che sarebbe stato documentato anche da intercettazioni compiute per otto mesi grazie a una microspia piazzata nel suo ufficio.
Sempre all’inizio di settembre il sostituto procuratore Digeronimo avrebbe inoltre ascoltato, a Milano, un misterioso testimone. Che secondo indiscrezioni sarebbe un pentito della criminalità organizzata barese e che avrebbe rilasciato dichiarazioni utili a fare chiarezza sul filone degli appalti legati al voto di scambio. Se la notizia fosse confermata si tratterebbe del secondo collaboratore di giustizia a disposizione dei magistrati. Il primo dei quali, avrebbe parlato di un patto scellerato che prevedeva consistenti pacchetti di voti in cambio di un po’ di soldi e di qualche regolarizzazione di circoli abusivi.
In quanto al filone del finanziamento illecito ai partiti del centrosinistra il pubblico ministero avrebbe invece affidato a consulenti l’incarico di esaminare i bilanci e la documentazione bancaria sequestrati a fine luglio nelle sedi regionali del Pd, Lista Emiliano, Sinistra e Libertà, Socialisti Autonomisti e Prc. Mentre da intercettazioni telefoniche e ambientali sarebbero spuntati riferimenti a finanziamenti e a nomi del centrosinistra nazionale.
Ancora un’intercettazione avrebbe invece rivelato alcuni particolari di una cena elettorale che avrebbe visto la partecipazione di Tarantini, del sindaco di Bari e segretario regionale del Pd Michele Emiliano, dell’esponente del Pd Massimo D’Alema. Un tema già toccato un mese fa quando lo stesso Emiliano raccontò di essere rimasto “raggelato” alla vista dell’imprenditore.
Anche se non è certo che si tratti dello stesso incontro, in quell’occasione, ripete oggi Emiliano, “sono stato costretto a fare gli onori di casa. Me lo chiese Massimo D’Alema, o qualche suo collaboratore, perché era in ritardo. Ma quando mi accorsi di quella presenza raggelai. Aspettai che lui arrivasse e lo trascinai via. D’Alema non sapeva nulla del finanziatore impresentabile di quella cena elettorale”.
Interrogato dai giornalisti su un’altra conversazione captata dagli inquirenti nel 2004, nella quale Tarantini avrebbe confidato che Emiliano gli aveva “chiesto di procurargli voti”, il sindaco barese risponde secco: “Falso”. “Io, a differenza di quanto ha raccontato questo signore al telefono, non gli ho mai chiesto voti per la campagna elettorale del 2004. Mai avrei potuto farlo perché sapevo chi era: fui io da magistrato a iniziare le indagini su di lui”. Poi, in merito alle accuse rivolte a Tedesco e all’ex assessore Sandro Frisullo, entrambi appartenenti al suo partito, dichiara: “Lo dico chiaramente. Per tutti vale la presunzione di innocenza ma credo che il partito debba valutare ora la loro posizione, senza aspettare una sentenza della Cassazione”. Che siano tutti innocenti Emiliano non lo pensa, ma è giusto, dice, aspettare la conclusione delle indagini.
venerdì 11 settembre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento