lunedì 21 settembre 2009

Relitti dei veleni: l'inchiesta si allarga. Navi anche nel Tirreno?

di Aaron Pettinari - 19 settembre 2009
Cosenza. Le rivelazioni del pentito Francesco Fonti sugli affari della 'Ndrangheta nell'ambito dei rifiuti, tornate alla ribalta nei giorni scorsi, stanno coinvolgendo non poco la regione calabrese e non solo.
L'ex uomo d'onore di San Luca, pentito dal '95, aveva già parlato delle “navi a perdere” nel 2002 ma solo la scoperta nei giorni scorsi della “Cunsky”, a largo della costa di Cetraro, nel Tirreno Cosentino, ha riacceso i riflettori su questi drammatici fatti. 
Era il 1992 quando i pescatori iniziarono ad avere i primi problemi nell'utilizzo delle reti. Ogni volta che venivano immerse queste riaffioravano danneggiate o, addirittura, con i fusti impigliati nelle maglie. Sarebbe questo ciò che emergerebbe negli atti secretati della Commissione per il ciclo dei rifiuti del 2006. Sembrerebbe, inoltre, che le mappe nautiche aggiornate fino al febbraio '92 non segnalavano la presenza di alcun relitto nel punto in cui è stata scoperta la “Cunsky” mentre dall'anno successivo questa sarebbe stata segnalata continuamente dai rilevatori marini. Verrebbe così avvalorato quanto asserito da Francesco Fonti che fa risalire l'affondamento della nave all'autunno del 1992. L'ex 'ndranghetista ha quindi sostenuto che nel sistema dei “naufragi pilotati” sarebbero coinvolti anche diversi “attori” appartenenti al mondo politico della Prima repubblica. Inoltre sembrerebbe che le navi radioattive siano state affondate tanto in Calabria quanto in altri tratti di mare antistanti La Spezia e Livorno.
Immediato è stato l'allarme lanciato da Legambiente Toscana che ha chiesto l'intervento della Regione e della Capitaneria di Porto. Riguardo a tutte queste cose, la prossima settimana, Fonti verrà ascoltato dal procuratore di Paola, Bruno Giordano. 



Rifiuti Radioattivi e la Somalia: collegamento con scomparsa Ilaria Alpi?
C'è un legame tra gli affondamenti delle navi radioattive e gli interramenti delle scorie in Somalia? Molto probabile secondo quanto raccontato alla stampa dallo stesso Francesco Fonti.
''Sono stato personalmente in Somalia, nel 1993, prima dell'omicidio di Ilaria Alpi per curare lo smaltimento di un carico di scorie nocive» ha affermato in un'intervista alla Gazzetta del Sud. Nel Corno d'Africa sarebbero stati interrati – a suo dire – fusti nel Boosaaso lungo la strada che collega a Garoowe per un guadagno che variava da quattro a trenta miliardi di lire.
Non è un caso che sulla costa di Boosaaso i tecnici dell'Agenzia per l'Ambiente dell'Onu rilevarono, all'epoca, altissime concentrazioni di sostanze tossiche. Era su questo che la giornalista Ilaria Alpi stava indagando prima di essere uccisa il 20 marzo 1994.
Ma le coincidenze non terminano qui. Della Somalia infatti, aveva riferito alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul delitto Alpi, pure Gianpaolo Sebri, portaborse per cinque anni del faccendiere socialista Luciano Spada.«La Somalia divenne la nuova pattumiera, nonché il paese di destinazione di diverse partite di armi – aveva affermato in aula - Questi affari potevano avvenire grazie al coinvolgimento di mafiosi che garantivano protezione e, all'occorrenza, lavori sporchi. So che alla Somalia, ad esempio, sono stati molto interessati i calabresi». 



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