lunedì 28 settembre 2009

Gli antitaliani

In questi giorni, anche grazie al grande D’Alema, è tornato di moda definire gli oppositori del governo antitaliani. Io francamente resto sempre perplesso perché, secondo la destra italiana, se sei contro il governo Berlusconi allora sei antitaliani, come se il governo fosse l’Italia, lo Stato.
Forse, questi “turisti della democrazia” si sono scordati che il popolo, quando vota, non elegge un Imperator, ma elegge un parlamento, il quale è formato da una maggioranza e da un’opposizione che hanno la stessa dignità (secondo me hanno poca dignità, ma questo è un’altra discorso).
Dunque non è Berlusconi lo Stato, non lo è nemmeno il parlamento. Lo Stato siamo noi, sono le istituzioni, è una cosa ben più complessa del pur enorme ego del sig. Berlusconi.
Ma queste sono riflessioni che né al PdL, né a Studio Aperto potrebbero interessare, in quanto bisogna essere “realisti” e “pragmatici”. Dunque, senza farsi troppe “seghe mentali”, definiamo amorevoli patriottici gli esponenti della destra e antitaliani quelli di sinistra.
Ora, se essere italiani vuol dire fregarsene di ogni cosa, non avere rispetto di chi la pensa diversamente, organizzare macchinazioni per infangare l’avversario, mentire, rubare, approfittarsi degli altri, limitare le libertà altrui, riconoscere solo i propri diritti, giudicare cretino chiunque la pensa in maniera anche solo leggermente diversa, considerarsi superiori a prescindere, che male c’è ad essere antitaliani? È un po’ come essere anticafoni, verreste mai a dirmi che sono cretino se mi definisco anticafone?
Dunque, se c’è una parte di politici (pochissimi), giornalisti, artisti o quant’altro, che rifiuta questo modo di fare (il cosiddetto berlusconismo) perché non lo rappresenta, perché lo ritiene immorale, indecente, diseducativo, irrispettoso e illiberale, bisogna per forza definirli antitaliani a prescindere? Magari queste persone cercano di fare quel che possono per cambiare le cose, per rendere migliore questo paese, sempre, chiaramente, secondo la loro concezione di “meglio”. Ma è proprio su questo delicato gioco che si regge la democrazia, o no?
Purtroppo però per i berlusconisti non è così (e si badi, anche per i berlusconisti di sinistra, che non sono affatto pochi) e chiunque critica il governo o il parlamento o la politica è antitaliano, a prescindere da ciò che dice, da ciò che propone, da ciò che critica.
Io penso invece che non vi siano patrioti migliori di chi tiene in guardia il governo, qualsiasi esso sia, delle derive di un qualsiasi provvedimento. Queste persone aiutano a riflettere, a pensare, a confrontarsi e dunque a prendere decisioni migliori, se vi fosse una controparte disposta ad ascoltare. Ma forse, in un paese intriso di cattolicesimo dogmatico e universalistico (oltre che autoreferenziale) pretendere un confronto e una riflessione è troppo. Quel che un tempo era scritto sulla Bibbia e ora invece sta nella testa dell’Imperator è legge, è parola di Dio, è Verità assoluta, immodificabile, innegabile. Coi risultati che si sanno.
Infine poi mi vengono in mente i giovani, quelli che non hanno assistito a nessun’altra politica se non quella degli ultimi 15 anni. A questi ragazzi sarebbe bello domandare cos’è la buona politica.
Sarebbe interessante vedere se le risposte saranno la presentazione di programmi, di soluzioni per risolvere i problemi. O se invece è più vantaggioso attaccare solamente l’avversario che sbaglia. E l’opposizione che deve fare? Proporre soluzioni alternative o criticare nel merito e nel metodo quelle proposte dalla maggioranza? E i partiti, sono camere stagne a se stanti o è giusto che si critichino a vicenda tra di loro, anche per questioni interne?
E l’informazione, deve dedicarsi solamente ai politici e ai partiti, oltre che ai loro padroni pubblici o privati che siano, o devono parlare anche di temi scabrosi come lavoro, legalità, economia, laicità, senza sentire l’opinione in merito a qualsiasi argomento dei politici?

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