giovedì 24 settembre 2009

La rivoluzione mancata

Molti continuano a sostenere che la cultura cattolica deve essere preponderante rispetto alle altre in Italia, poichè essa è quella che ha contraddistinto la nostra storia. Il fatto però è che spesso la cultura cattolica ha contraddistinto una parte negativa o per lo meno non del tutto positiva della storia italiana.
Coloro che glorificano il cattolicesimo probabilmente non sanno, o fingono di non sapere, che le migliori tradizioni democratiche e liberali che, fortunatamente, hanno messo piede persino in Italia, sono dovute all'illuminismo, all'era della ragione e della razionalità, non certo al dogmatismo e all'oscurantismo cattolico.
Altri invece sostengono che la nostra rovina è stata sì il cattolicesimo, ma solamente perché non fu sostituito dal protestantesimo e dal calvinismo in particolare.
Io condivido in parte questa visione della storia e della società italiana. Anche il protestantesimo, e il Calvinismo in particolare, hanno le loro pecche.
Subito la controriforma cattolica pose rimedio a tutte le novità introdotte dal protestantesimo nel suo complesso.
Novità che hanno avuto una grande influenza nel nord Europa e negli USA, anzitutto perché col protestantesimo venne meno il fondamentale bisogno del sacerdote per leggere la Bibbia, promuovendo dunque i primi germi di libertà e di coscienza che diedero poi i loro frutti nel '700.
Ma vi furono però anche altre novità, una delle quali è stata quella di pensare che chi avesse successo nella vita, negli affari, nelle cariche pubbliche fosse perchè era più amato da Dio.
La novità era importante, infatti prima chi aveva successo ce l'aveva solamente perchè discendeva da una famiglia nobile. Certo, le famiglie nobili erano tali per grazia di Dio, ma per la prima volta si metteva davanti l'individuo, staccato dalle proprie origini: ognuno poteva avere successo, se era amato da Dio.
Purtroppo però Dio non rilascia attestati o prove d'amore che confermino inequivocabilmente i suoi sentimenti, dunque ognuno cercò di arricchirsi o di acquistare potere come meglio vi riusciva. All'inizio tutto ciò fu sicuramente positivo, perchè fece si che si sviluppò una borghesia capace di dare impulso alla vita e all'economia degli stati europei, fu il motore del liberalismo, del razionalismo, delle scoperte scientifiche, della rivoluzione industriale. Insomma, fu l'inizio del benessere in Europa, la fine del dogmatismo religioso.
In Italia invece ciò non successe, le repubbliche marinare furono avversate in ogni maniera e invece di una borghesia si sviluppò un feudalesimo di ritorno, che durerà per secoli, per certi versi ancor oggi.
Un feudalesimo che, tra i suoi figli e nipoti, annovera la mafia, la corruzione, il nepotismo, il familismo, il disinteresse della cosa pubblica, il servilismo verso il proprio caporione.
Certamente però nemmeno la spinta innovativa della borghesia europa fu tutta rose e fiori. Oggi, infatti, negli USA e non solo c'è la concezione che si può e si deve arricchirsi ad ogni costo, anche esercitando prevaricazioni, truffe, corruzzione.
E' il cosiddetto neoliberismo, la dottrina economica che rifiuta ogni regola pur di dare la possibilità a tutti di diventare ricchi, anche esageratamente ricchi, anche oltre ogni merito. Una dottrina politico-economica che, se da una parte dà la possibilità ai più furbi di accumulare denaro e potere, dall'altra condanna chi non si comporta da "squalo", chi non ha le capacità imprenditoriali, chi non magari è nato in una famiglia o un paese sbagliato a sopravvivere, con pochi soldi e nessun sogno.
Questi sono dunque i danni del neo-liberismo portato all'eccesso, com'è successo negli ultimi 20-30 anni.
Io penso che si debba sempre garantire la giusta applicazione del libero mercato, penso che si debba favorire la nascita e lo sviluppo di una borghesia imprenditrice capace di dare impulso all'attività economica di una società.
Penso però che questa borghesia debba tenere conto della società in cui vive e prospera, penso che abbia il dovere economico, sociale, umano di rispettare i diritti dei lavoratori e dell'ambiente, il quale viene sempre sfruttato per le attività produttive (c'è chi lo usa di più, chi lo usa di meno).
Io dico dunque di no a un'economia senza regole, prepotente, illegale, con l'unica idea del profitto rapido.
Dico di si a un'economia che premia i meritevoli, tenendo conto del rispetto che si deve a ognuno, anche ai meno meritevoli, i quali hanno comunque diritto alla loro libertà. Dico di si a un'economia che non vuole lasciare per strada chi non ce la fa in nome della produzione e del reddito di alcuni.
E questo perchè ormai, nel 2009, dovremmo aver compreso che non è la ricchezza a misurare il valore di una persona.
Ricchi e potenti infatti spesso usano la corruzione e l'inganno per avere successo, e questo non è certo rispetto per la libertà dell'individuo.
Ma sembra che una via di mezzo, una via ragionevole sia veramente così difficile da intraprendere. G8, G20, summit internazionali, non hanno cambiato di una virgola la società moderna, nonostante il fallimento del neoliberismo.
Cosa ci dobbiamo aspettare dunque dai prossimi anni?

Nessun commento:

Posta un commento

Lettori fissi