oveva ancora cominciare che il vertice del G8 all’Aquila aveva già attirato critiche di ogni tipo. Prima di tutto perché andava fatto a La Maddalena e, solo dopo il terremoto che ha distrutto gran parte delle città abruzzesi, il presidente del Consiglio ha deciso di spostarlo a l’Aquila. Per mostrare ai Grandi la distruzione di quelle città e far vedere come gli aiuti internazionali post terremoto sono stati utilizzati.
O forse anche solo per dare nuovi argomenti di cui parlare in questi mesi sulle pagine dei giornali.
Il G8 si apre quindi oggi pomeriggio: il vero lavoro inizierà alle 15.30 con una sessione su clima, aiuti e sviluppo ed è prevista una dichiarazione sulla crisi finanziaria, commercio, cambiamenti climatici e aiuti.
Poi alle 20.30 una cena di lavoro su temi politici internazionali. Un appuntamento importante che sotto la presidenza italiana vedrà riuniti i leader degli otto grandi – Italia, Usa, Gran Bretagna, Germania, Francia, Russia, Canada e Giappone – più il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, il presidente di turno della Comunità europea, lo svedese Fredrik Reinfeld e quello dell’Unione africana, il leader libico Gheddafi.
Sarà invece assente il presidente cinese Hu Jintao, che non potrà partecipare ai pranzi, alle battute e alle foto di rito perché è dovuto rientrare a Pechino per la crisi nel Xinjiang.
Gli altri capi di Stato, invece, si divertiranno molto e potranno constatare in prima persona come in realtà la ricostruzione de l’Aquila sia molto indietro. I comitati di cittadini nati dopo il summit del 6 aprile ce la stanno mettendo tutta per mostrare al mondo che quest’evento ha solo rallentato la ricostruzione, ancora molto lontana nonostante il freddo arrivi già ai primi di settembre in questi paesi. Così i cittadini hanno sistemato sulla collina di Roio una scritta a lettere cubitali, visibile anche dalla sede del vertice. “Yes, we camp” si legge. Un chiaro richiamo allo storico slogan di Obama che proprio oggi pomeriggio sarà portato in giro da Berlusconi per constatare lo stato della ricostruzione. “Un modo ironico per ricordare alle delegazioni presenti al vertice che 25mila persone sono ancora nelle tende”, spiega Piero De Santis, del comitato Ara, Associazione e Ricostruzione Abruzzo.
Il nostro presidente del Consiglio dovrà mettercela tutta per evitare nuove debacle. La stampa, e non parliamo di quella italiana, gli sta alle calcagna e in questi giorni non è stata per nulla tenera con i titoli sul G8. Così Berlusconi, alla vigilia del vertice, ha convocato una conferenza stampa per assicurare che le critiche non condizioneranno i leader e quindi il buon esito del vertice. Anzi, per allontanare l’immagine di un presidente nell’angolo, come lo descrivono i grandi media internazionali, assicura che ci sono tre motivi per cui il G8 apre sotto buoni auspici: il miglioramento dei rapporti tra Usa e Russia (che dovrebbe esser merito dell’Italia), il messaggio del papa Benedetto XVI (che elogia la scelta del vertice a l’Aquila e che dimostrerebbe come solo alcuni prelati siano contro di lui ma non il Vaticano) e i sondaggi da lui commissionati che gli attribuiscono un gradimento del 64,1%.
Nulla scalfisce il nostro premier: né l’articolo del Guardian, secondo cui l’Italia potrebbe essere cacciata dal club dei ‘Grandi’ a causa dell’inadeguatezza nella preparazione del vertice, né l’editoriale del New York Times che parla di “una programmazione imperdonabilmente negligente da parte del governo ospite”.
L’unica cosa certa, al momento, è che anche questa volta, difficilmente, si troveranno accordi importanti su clima, energia, aiuti, democrazia: temi che le associazioni della società civile vorrebbero veder risolti ma che i Grandi, tra un pranzo e una foto, si dimenticano puntualmente di affrontare.
Marianna Lepore
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