di Luigi de Magistris - 6 luglio 2009
Quando lo Stato di Diritto viene mortificato, quando la Democrazia viene attaccata, non ci vuole il silenzio, non è pensabile la narcotizzazione delle coscienze, non sono accettabili dosi di bromuro istituzionale.
Serve invece adrenalina, ci vogliono il coraggio delle idee, la forza dell'onestà, la volontà di contrastare un sistema marcio. E' ancor più grave che si chieda il silenzio perché i grandi della Terra si riuniscono in tutta la loro potenza, mentre i “piccoli” della Terra soffrono nel silenzio generale. Quando un governo violenta la Costituzione chiedere il silenzio è contribuire a mortificare la Carta Costituzionale, mentre bisognerebbe difendere i principi fondanti di ogni civiltà: la solidarietà, l'uguaglianza, la fratellanza, le libertà. Ma, amici di “Facebook”, a chi detiene il potere, ai ricchi della Terra, quanto interessano veramente questi valori fondanti per i quali tanti nostri predecessori hanno dato la vita? Quello che interessa, evidentemente, è che non si disturbi il manovratore, che i summit si svolgano senza che il mondo sappia che in Italia stanno instaurando un regime senza l'olio di ricino (almeno per il momento). Ancor più grave è ascoltare - in modo da garantire la passerella sui luoghi di un immenso dolore che serve solo all'immagine opaca dell'utilizzatore finale - il capo della Protezione Civile che riferisce alla Nazione che lo sciame sismico di questi giorni è monitorato e che tutto è sotto controllo e che nulla accadrà che potrà mettere in pericolo l'incolumità dei potenti: peccato che lo stesso encomiabile zelo istituzionale non sia stato utilizzato quando vi è stato lo sciame sismico che ha preceduto il terremoto devastante che ha distrutto L'Aquila e parte della sua provincia. Ma, suvvia, sappiamo ormai che l'art. 3 della Costituzione non vale per tutti. E' bello, invece, sentire una parte del mondo cattolico (non la suprema gerarchia ovviamente) che invita al dissenso pacifico radicale nei confronti di una legge che criminalizza gli immigrati in violazione dei più elementari principi di convivenza civile, mentre, nello stesso tempo, c'è chi invita al silenzio, ad abbassare i toni: magari mentre abbassiamo il volume, avranno fatto scempio delle libertà, avranno anche realizzato compiutamente il regime. Quando si tace e soprattutto quando chi ha il dovere di non essere silente di fatto lo è, accade che chi si oppone alle ingiustizie rimane isolato e talvolta muore. Quando ci sono le ingiustizie non si tace, ma ci si ribella, in modo pacifico, ma in maniera decisa. Bisogna indignarsi e qualche volta anche gridare la rabbia del dolore, che ha radici nelle più profonde ingiustizie come mi insegna il mio amico Salvatore Borsellino. Quando la criminalità organizzata ormai è penetrata ai massimi livelli politico-istituzionali e nel circuito economico-finanziario del Paese tanto da condizionare il PIL, sarebbe auspicabile che chi ha incarichi istituzionali stia dalla parte di chi contrasta le mafie, stia in prima linea. Ma questo è utopistico allo stato, almeno con questi governanti, troppo spesso infatti non è così ed anzi le principali convergenze esterne provengono proprio da ambienti istituzionali.
Io non tacerò mai, sig. Presidente, di fronte alle ingiustizie, nemmeno se lo chiede la massima carica dello Stato. Sono stato eletto per dar voce a chi ha sete di giustizia, non per tenere nascoste le verità sgradite al potere, non mi piace chi contribuisce a narcotizzare le coscienze. La Costituzione va difesa ed applicata da tutti e sempre (non a giorni alterni): a cominciare dal Presidente della Repubblica per finire all'ultimo immigrato sbarcato a Lampedusa per sfuggire alla sete ed alla fame.
lunedì 6 luglio 2009
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