di Telmo Pievani
Sul Corriere della Sera di lunedì 6 luglio, la coincidenza di due articoli, indipendenti l’uno dall’altro, restituisce al lettore una vera e propria epifania. Ora è chiaro che cos’è il liberalismo all’italiana, che cos’è una sana e vera laicità. Partiamo da Gianni Gennari - caustica penna del cattolicesimo militante nostrano - il quale nella pagina dei commenti, preoccupato per la candidatura di Ignazio Marino a leader del PD, rinnova il solito ricatto della possibile disaffezione del voto cattolico e si lamenta del fatto che nelle commemorazioni di Berlinguer nessuno avrebbe ricordato i suoi meriti per l’avvicinamento al mondo cattolico (p. 8). Ci hanno costruito un intero partito, sopra il compromesso storico, ma Gennari non se n’è accorto.
Pare inoltre che i post-comunisti abbiano oggi disatteso quelle aperture, a causa di (imprecisate) scelte “non solo ‘laiche’, ma ‘laiciste’, cioè non neutrali e laicamente rispettose della libertà di coscienza di ciascuno e di tutti, ma direttamente opposte alla visione cattolica, indicata come integralista e oscurantista”. La frase è semplicemente spettacolare. I dirigenti del PD non se la meritano proprio, dopo tutti i solerti sforzi di questi anni per non urtare le gerarchie ecclesiastiche e per non difendere una sola battaglia che fosse una per l’allargamento dei diritti civili. E pensare che Piero Fassino il giorno stesso - nel corso di una surreale polemica con D’Alema in cui è arduo stabilire chi possa avere più torto - aveva rivendicato fra gli “obiettivi chiari” della prima gestione del PD la “difesa della laicità”. Accipicchia, a forza di difenderla così, le prossime “mediazioni alte” riguarderanno la penalizzazione del profilattico e il trattamento sanitario coatto per i gay.
Ma la straordinaria argomentazione di Gennari presuppone, soprattutto, che ignominie legislative in vigore come la Legge 40, o in approvazione come quella sul testamento biologico, sarebbero “rispettose della libertà di coscienza di ciascuno e di tutti”. Ora è chiaro. Essere laici in Italia significa ragionare in questi termini: 1) io ho la maggioranza (oltre che la verità) e tu no; 2) sul piano formale, sembra tutto democraticamente ineccepibile; 3) se sei d’accordo con me (per esempio, vuoi essere tenuto in vita a tutti i costi e a oltranza con sondini e tubi), sei libero e sei laico; 4) se non sei d’accordo con me (e non vuoi finire la tua vita in quel modo perché lo ritieni un’offesa alla tua dignità), sei un laicista e io, per legge, ti proibisco di fare come vorresti tu, anche se hai espresso anticipatamente le tue volontà.
Lo stesso ragionamento è alla base della decisione, vergognosa, di escludere dal bando di finanziamento ministeriale per la ricerca sulle staminali l’utilizzo di cellule embrionali già derivate prima dell’entrata in vigore della Legge 40. Per ciò che nemmeno Ruini era riuscito a vietare, ci pensa Comunione e Liberazione. Il sottosegretario alla Salute discute con le Regioni la prima bozza del bando, preparata da un’apposita commissione. Dopo l’incontro compare magicamente il veto e il sottosegretario non smentisce che sia venuto dalla Lombardia. Le Regioni governate dal centrosinistra sostengono di non essere state informate, o forse erano distratte (non approfondiamo questo aspetto, per carità di patria: con il governo di centrosinistra nemmeno si era arrivati al bando). Il sottosegretario obbedisce e le staminali embrionali vengono esplicitamente escluse dal bando, benché la legge non le proibisca. Si noti bene che il punto non è neppure quello di utilizzare embrioni soprannumerari congelati da anni e non più impiantabili, perché qui si tratterebbe di linee cellulari già derivate: come definirlo, se non un accanito ostracismo ideologico?
Tre nostre ricercatrici di livello internazionale, indignate, fanno ricorso. Ne parla anche Nature, nota rivista sediziosa dell’Internazionale Comunista. Il vice-ministro, Ferruccio Fazio, risponde a muso duro sul Corriere del 6 luglio (p. 23): l’esclusione delle embrionarie è stata voluta dalle Regioni, le tre scienziate impertinenti sono disinformate e perderanno il ricorso (al lettore cogliere il nesso logico). Ma sì, le tre potranno sempre migrare, come stanno facendo decine di loro colleghi e colleghe. Il sottosegretario però non si ferma qui e ha la cortesia di informarci che a suo avviso, da ricercatore qual è, le cellule staminali adulte sono “più interessanti” delle altre: “non c’è bisogno di scomodare l’embrione”.
Ecco il punto. Riassumiamo dunque il ragionamento che viene rivolto alle tre ricercatrici sovversive: 1) noi decidiamo e voi no; 2) sul piano formale, è tutto democraticamente ineccepibile (il testo va concordato con le Regioni); 3) se siete d’accordo con noi (meglio le staminali adulte, non si tocchi l’embrione, anche se in questo caso già non c’è più), siete libere e siete finanziate; 4) se non siete d’accordo con noi (bensì con Obama e con la totalità degli Stati avanzati e civili che stanno puntando - con elementare ragionevolezza - su tutte le tipologie di staminali utili per la ricerca, cioè adulte, embrionali e riprogrammate), siete fuori dai giochi e noi, per legge, vi proibiamo di fare come vorreste voi; 5) dove la legge non proibisce, poco importa, perché noi riscriviamo il bando e non vi stanziamo un euro.
E’ una nuova invenzione italiana: il bando che mette al bando. In nessun paese al mondo sta succedendo qualcosa di paragonabile. Uno Stato etico decide quali sono le cellule etiche e quali no. Siamo troppo avanti.
(12 luglio 2009)
venerdì 17 luglio 2009
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