di Lanfranco Tenaglia
Nel nostro Paese non ci si deve abituare ad un diffuso clima di perdita del senso istituzionale e del rispetto delle regole, con episodi che di volta in volta mettono in discussione la Costituzione, i fragili equilibri della nostra democrazia e le regole che ne rappresentano l’anima. Per questo non possono durare lo spazio di un mattino la discussione e l’attenzione suscitate dalla notizia, riportata da L’Espresso, di una cena a casa del giudice della Corte Suprema Luigi Mazzella alla quale hanno preso parte, oltre all’altro giudice costituzionale Paolo Napolitano, anche il presidente del Consiglio, il suo sottosegretario Gianni Letta, il ministro della Giustizia e il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato. Una notizia che non solo non ha trovato smentita alcuna, ma che è stata anzi rivendicata con orgoglio dall’organizzatore, il giudice Mazzella appunto, che ha presentato l’accaduto quale cena privata, un invito al desco di un vecchio amico.
Il contenuto dei discorsi fatti quella sera non costituisce la questione più rilevante, né è in discussione il diritto di ognuno di andare a cena con chi vuole.
Un simile incontro, avvenuto alla vigilia di una importante decisione della Corte su una legge che riguarda direttamente le vicende processuali di uno degli ospiti, nonché presidente del Consiglio, è di per sé grave ed inopportuno.
Qualsiasi giudice non solo deve essere imparziale, ma deve anche apparire tale. Tanto che se ad assumere un tale comportamento fosse stato un giudice ordinario, sarebbe stato sottoposto a procedimento disciplinare, e questo in forza di una norma (giusta) approvata nella XIV legislatura su impulso dell’attuale maggioranza di governo.
Il Partito democratico, fin da subito, ha chiesto ai due giudici di riflettere sull’opportunità di astenersi dal partecipare alla decisione sul lodo Alfano, perché l’autorevolezza e l’immagine della Corte Costituzionale non siano messe in discussione.
E ieri, abbiamo depositato una interpellanza alla Camera con la quale chiediamo al ministro Alfano di riferire al Parlamento sulle circostanze riportate nell’articolo de L’Espresso, compresa quella relativa all’esistenza di una bozza di riforma della giustizia redatta dal giudice Mazzella e che potrebbe essere fatta propria dal governo.
Il governo e il suo capo sono stati artefici dello spargimento già di troppe ombre; la mancata chiarezza su di un tema tanto delicato è un qualcosa che, adesso, il Paese non può permettersi. I cittadini hanno il diritto di sapere e il presidente del Consiglio e il ministro della Giustizia il dovere di spiegare.
Nessun commento:
Posta un commento