venerdì 31 luglio 2009

Intercettazioni: prove tecniche di (non) funzionamento

di Bruno Tinti
Quasi tutti i cittadini (beh, quelli che si preoccupano di questo genere di cose) sanno ormai che le intercettazioni telefoniche, quando arriverà la nuova legge, saranno impossibili perché, per farle, occorrerà già aver individuato il colpevole; e siccome, per i reati più gravi ed importanti (tra cui la corruzione, il peculato, la frode fiscale, il falso in bilancio e gli altri reati tipici della classe dirigente italiana) senza intercettazioni il colpevole non si individua, ecco che appunto le intercettazioni non si potranno fare. Di questo ho già parlato in un’analisi precedente, fornendo anche alcuni esempi.

Probabilmente poche persone sanno che c’è anche un altro motivo per cui le intercettazioni diventano impossibili. Dice infatti la nuova legge che le intercettazioni devono “essere fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento”.

Che vuol dire? Si fa prima a capirlo con un esempio.

Tizio ha violentato Caia insieme a due altre persone che però non sono state identificate. Caia lo ha riconosciuto in fotografia ma non ha trovato nessuna foto degli altri due. Il PM chiede al giudice di intercettare il telefono di Tizio nei confronti del quale il riconoscimento di Caia costituisce “evidente indizio di colpevolezza”; spera così di identificare i suoi due complici con cui, forse, Tizio parlerà servendosi del suo telefono.

In realtà, questo tipo di riconoscimenti in genere non viene ritenuto idoneo per i provvedimenti che richiedono “gravi indizi di reato” (per esempio per mettere in prigione una persona con la cosiddetta misura cautelare): troppi riconoscimenti fotografici si rivelano poi sbagliati. E il punto è che gli “evidenti” indizi richiesti per un’intercettazione sono la stessa cosa dei “gravi” indizi richiesti per mettere un indagato in prigione; sicché niente prigione, niente intercettazione.

Ma supponiamo che invece il giudice ritenga questo indizio abbastanza “evidente” o “grave” o quello che volete; magari, come nel caso a cui mi riferisco (che sfortunatamente è reale), perché il riconoscimento è stato facilitato da una particolare cicatrice che Tizio aveva sulla faccia. Il telefono di Tizio finisce dunque sotto controllo. A un certo punto, Tizio parla con Sempronio e, ignaro di essere indagato e intercettato, commenta con lui la violenza carnale commessa ai danni di Caia; e lo fa in termini tali da rendere evidente che Sempronio è uno degli altri due che hanno partecipato allo stupro: “Certo che meno male che quell’amico tuo, Mevio, te l’ha tenuta perché tu non ce la facevi” (Tizio) e “Si, ma io non l’ho dovuta pestare come hai fatto tu e me la sono goduta” (Sempronio). L’ho detto che si trattava di una violenza reale vera, queste erano più o meno le frasi pronunciate.

Che fece la Procura? Chiese ed ottenne di intercettare Sempronio. Poco dopo questi si mise a parlare con Mevio, amico suo ma non di Tizio, commentando lo stupro (erano delinquenti violenti e bestiali e anche particolarmente stupidi).

Bene, tutti identificati, “gravi indizi” in quantità, misura cautelare e tutti in prigione.

Caia non riconobbe né Sempronio né Mevio perché le percosse di Tizio l’avevano resa quasi incosciente; però, con le intercettazioni, la condanna fu facile. E, notate, il DNA di Mevio non venne trovato e nessuno confessò. Però, tutti si presero circa 9 anni.

Che succederebbe in un processo come questo con la nuova legge?

Beh, il telefono di Tizio lo metteremmo sotto controllo e identificheremmo Sempronio. Però …, eh però non potremmo mettere sotto controllo il telefono di Sempronio, perché tutto quello che abbiamo nei suoi confronti è “il contenuto di una conversazione telefonica intercettata nel medesimo procedimento”. E, come ho detto prima, questo non è sufficiente per disporre un’intercettazione. Solo che, siccome Tizio non conosce Mevio e non gli parla per telefono, senza intercettare Sempronio non identificheremo mai Mevio. I due delinquenti non confesseranno mai e men che meno riveleranno chi è Mevio (di cui non abbiamo nemmeno il DNA). Conclusione: Mevio resta impunito e violenterà qualcun’altra.

Possiamo utilizzare questo esempio per descrivere un’altra chicca di questa legge che, in verità, parrebbe proprio progettata dagli abituali frequentatori di aule giudiziarie messi in difficoltà dalle intercettazioni. Beh, ora che ci penso….

Supponiamo che il telefono di Tizio resti muto per parecchi giorni, nel senso che le sue conversazioni non rivelano niente di importante. Però non lo possiamo mollare, non sappiamo quando parlerà con gli altri due partecipi dello stupro. E che ci parlerà, prima o poi, è sicuro: dall’intercettazione sappiamo che continua a frequentare il suo ambiente di degenerati, drogati e violenti; e che spesso e volentieri parla di donne in termini aggressivi e spregiativi. In effetti, a un certo punto, ecco la telefonata giusta: Tizio parla con Sempronio (che non è intercettato perché, come ho detto, la nuova legge non lo consente), gli racconta che ha incontrato una donna particolarmente appetibile, che l’ha pedinata, che sa dove abita e che ha già identificato un posto giusto per “farle la festa” (ho già detto che faccio riferimento a un fatto vero). Gli dice anche di parlarne con Mevio e che gli telefonerà tra un paio di giorni per prendere gli ultimi accordi.

La Procura ascolta palpitando per tutto il giorno seguente e poi… Poi più niente, perché sono scaduti i 60 giorni e l’intercettazione deve essere terminata per legge e non può più essere prorogata. Così non si sa chi sia la vittima designata, non si sa chi sia Mevio, non si sa dove e come i tre si incontreranno.

Certo, come ci ripetono fino alla nausea gli ideatori della nuova legge, si può far ricorso “ai buoni vecchi metodi di indagine”; e infatti si può pedinare Tizio e cercare di capire dove va, chi sono quelli che incontra e quando si riunirà con i due complici per commettere il nuovo stupro; e poi seguirli tutti e tre, salvando all’ultimo momento la poveretta; che in verità poteva essere salvata subito senza subire un tentativo di aggressione.

Certo che, se tutto va bene, abbiamo visto un bel film. Se invece ci si perde Tizio, oppure Tizio si accorge di essere seguito, oppure se ne accorgono Sempronio o Mevio e i tre vanno a bersi una birra e intanto progettano un nuovo appuntamento in un altro posto; oppure succede qualcosa d’altro per cui arriviamo tardi quando lo stupro è già bello che finito. Ecco, allora, avremmo la straordinaria soddisfazione di aver condotto un’indagine nel rispetto di una legge che ci mette al passo dei Paesi più progrediti, come si suol dire.

Per concludere, una riflessione: tra le tante sciocchezze dette per giustificare questa nuova legge, c’è stata anche quella secondo cui le intercettazioni vanno “ridotte” perché costano troppo: di questo si può riparlare in un’altra analisi. Ma la domanda è: quanto costa “il buon vecchio metodo di indagine”? Quanto la macchina, la benzina, i… quanti? 10, 20, 30 poliziotti necessari per pedinare Tizio, Sempronio e Mevio per 2, 3, 4, X giorni? E anche: quanto controllo del territorio non è stato possibile mentre i 10, 20, 30 poliziotti seguivano i 3 delinquenti? Quanti altri reati sono stati commessi? Quanti danni sono stati arrecati ai cittadini? Quanti ci hanno lasciato la pelle o hanno subito esperienze drammatiche? E non si sarebbe evitato tutto questo con un’intercettazione dei telefoni di Tizio e Sempronio fatta comodamente da 4 poliziotti (si chiama h. 24, un poliziotto per un turno di 6 ore)? Ma certo che si sarebbe evitato.

Serve altro per rendersi conto che la nuova legge sulle intercettazioni è stata inventata all’unico scopo di assicurare l’impunità a quelli che l’hanno inventata?

Se proseguiamo nell’analisi della legge sulle intercettazioni (certo che chiamarla “legge” fa un po’ senso), dopo le questioni sugli evidenti indizi di colpevolezza (le intercettazioni fatte per trovare un colpevole che sappiamo già chi è, analisi 1); e dopo quelle sulla durata delle intercettazioni e la loro utilizzabilità in altri procedimenti (con conseguente impunità garantita per chi è identificato come autore di un reato solo attraverso le intercettazioni - analisi 2), veniamo ad altre perle di sicura efficacia per la procurata inefficacia (stilisticamente discutibile ma assai utile per esprimere il concetto) del processo penale.

Dice la nuova legge che, “nei procedimenti contro ignoti, l’autorizzazione a disporre le intercettazioni è data, su richiesta della persona offesa, relativamente alle utenze e ai luoghi nella disponibilità della stessa, al solo fine di identificare l’autore del reato”.

Proviamo a calare questa norma in un esempio che ci farà capire bene come funzionano le cose.
Allora: l’autosalone di Giovanni, titolare di un’avviata concessionaria, viene distrutto da un incendio. Intervengono i pompieri e scoprono i resti di una tanica di benzina e di alcuni stracci semi carbonizzati: incendio doloso.

Che fa il Pubblico Ministero, allo stato attuale della legislazione, con la nuova legge sulle intercettazioni non ancora in vigore?
Manda a chiamare Giovanni e lo interroga: hai avuto richieste estorsive (cioè: ti è stato chiesto di pagare il pizzo)? No, dice Giovanni. Hai qualche nemico che ce l’ha con te per qualche ragione? No, dice Giovanni. Ma chi può essere stato ad appiccare l’incendio? Quale motivo può aver avuto? Boh, dice Giovanni.

Il PM naturalmente non crede a una parola di quelle (poche) dette da Giovanni e gli mette sotto controllo i telefoni; quelli suoi, quelli dell’azienda, quelli della moglie, quelli dei suoi soci, quelli dei dipendenti, se magari scopre che ne ha una, quelli dell’amante, Giuditta. Dopo un po’ scopre che Giuditta riceve una telefonata da un telefono intestato a uno sconosciuto (Giuseppe detto Pippo, che si scoprirà essere un altro suo amante). E, nel corso di questa telefonata, i due parlano dell’incendio, della bella lezione data a quel cornuto, del fatto che adesso vedremo se non pagherà, e concordano che Giuditta andrà a spiegargli che il milione di euro, che già gli avevano chiesto, adesso è diventato uno e mezzo e che sarà bene darlo a lei, Giuditta, in tutta fretta, ad evitare altri problemi.

Il PM riflette tra sé sulla perfidia delle donne, abbandona immediatamente le intercettazioni nei confronti di tutti gli altri e “mette sotto” il telefono di Pippo. Scopre così che Pippo è un associato al clan di Calogero, mafioso pericolosissimo se mai ce ne è stato uno; e che Calogero è il beneficiario finale del milione e mezzo di euro e del pizzo futuro che Giovanni certamente da quel momento pagherà. A questo punto l’indagine è avviata, altre intercettazioni, pedinamenti, arresti, si scoprono altre vittime e altri “pizzi”; e insomma tutto quello che si fa in un procedimento di questo tipo. Calogero, Pippo, Giuditta e altri mafiosi vengono processati e condannati e i cittadini vivono un po’ più tranquilli.

Che succederà con la nuova legge?
Prima di tutto non si mette sotto controllo nemmeno un telefono; perché, come ho detto, per farlo occorre la richiesta della persona offesa, cioè Giovanni. E siccome Giovanni sta ancora tremando per la paura, continua a dire che nessuno gli ha chiesto niente, nessuno lo ha minacciato, nessuno ce l’ha con lui, l’ultima cosa che fa è quella di chiedere al PM di mettergli sotto controllo i telefoni. “Ma no, dottore, è inutile, non si scoprirebbe niente, è certamente uno sbaglio, io poi ci tengo alla mia privacy”. Sicché l’indagine si ferma prima ancora di cominciare.

E’ anche vero che, per i reati di mafia (e terrorismo, sequestri di persona) le intercettazioni si possono disporre “quando vi sono sufficienti indizi di reato” (e in questo caso ci sono, l’incendio è doloso); il che vuol dire che il PM della richiesta di Giovanni potrebbe pure fare a meno; senza dire niente a nessuno, potrebbe mettere sotto controllo i telefoni di tutte quelle persone che ho elencato prima.

Ma il punto è: e chi lo dice che questo incendio è stato appiccato dai mafiosi a scopo estorsivo? Mica c’è la firma “clan di Calogero - mafia S.p.A.” sulla tanica di benzina. E se l’estorsione l’ha fatta un dipendente licenziato? O Giuditta (vi ricordate, l’amante di Giovanni) cui Giovanni ha appena detto che la vuole lasciare per tornare in seno alla famiglia? O uno dei soci che ha contrasti con Giovanni nella gestione della società? O un concorrente che vuole far fuori l’azienda di Giovanni dal mercato? Come si fa a dire che si tratta di un reato di mafia? Eh, infatti non si fa: prove o anche solo indizi che si tratta di reato di mafia non ce n’è; a meno di non stabilire che tutte le estorsioni che avvengono in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia (sapete, le famose 4 Regioni in cui lo Stato ha perso il controllo del territorio) sono di natura mafiosa. Ma questo è un principio di diritto un po’ azzardato ….; e sono sicuro che, le Pro Loco, i Governatori, i Sindaci, gli Assessori e i cittadini tutti di queste Regioni avrebbero qualcosa da ridire; per non parlare della Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi su un principio di diritto come questo. E poi, che si fa se l’incendio capita in Friuli Venezia Giulia?

Quindi no mafia, no intercettazioni; no richiesta di Giovanni, no intercettazioni; no intercettazioni, no scoperta di Giuditta, Pippo, Calogero e tutti gli altri; no scoperta di Giuditta etc., no processo; no processo, no prigione per i mafiosi; no prigione per i mafiosi, no sicurezza per i cittadini; no sicurezza, sì pizzo. Grande successo per la legalità.

Ma supponiamo che Giovanni, vuoi perché è coraggioso, vuoi perché è stufo, vuoi perché si fida della Giustizia e dello Stato (???), dica al PM che da qualche tempo qualcuno gli chiede soldi; non sa chi è e non sa a chi fa capo; però basta, mettimi sotto controllo i telefoni; e il PM, che non crede alle sue orecchie, lo fa. Si va avanti per un po’ ma nessun risultato. Perché? Perché vi ricordate che la telefonata che dà il via alle indagini è quella tra Giuditta e Pippo, i cui telefoni non sono tra “le utenze” nella disponibilità di Giovanni; sicché il PM, anche se sa che esiste Giuditta, non può “metterle sotto” il telefono. No intercettazione telefono Giuditta, no identificazione di Pippo; no identificazione di Pippo, no identificazione di Calogero etc. etc.

E comunque, la rete può restare tesa per i soliti 60 giorni perché, alla scadenza, si molla tutto. Sicché magari Pippo fa una telefonata a Giovanni al giorno 61, sarebbe il momento buono per identificare il telefono di Pippo e quindi lui; però niente da fare, i telefoni di Giovanni non sono più sotto controllo. E, alla sfiga non c’è limite, ovviamente Giovanni non sa che Giuditta ha un altro amante e quindi non conosce Pippo; sicché non può dare indicazioni che portino alla sua identificazione.
No identificazione Pippo, no identificazione Calogero etc. etc.

Ma perché non chiediamo a George Cloneey (che sempre cittadino americano è; lì, con buona pace del ministro Alfano, le intercettazioni le fanno, altro che se le fanno) che cosa ne pensa? Magari facciamo una sottoscrizione per fargli fare un altro spot.

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