venerdì 17 luglio 2009

I misteri di Palermo

La vita è sicuramente meglio di un film o di un romanzo, in quanto riserva sempre dei colpi di scena incredibili. La miglior prova di ciò è sicuramente fare il confronto tra quanto in là si può spingere la fantasia degli uomini e quanto in là sono invece andate le scoperte scientifiche, talmente incredibili da risultare irrangiugibili anche per le fantasia più sfrenate.
La stessa cosa accade in Italia per omicidi, stragi e complotti. Spesso si tende a denigrare il complottismo, le dietrologie, i sospetti più inaccetabili. Ma altrettanto spesso, a distanza di anni, queste teorie vengono confermate o, se non altro, risultano sempre più verosimili grazie alle scoperte, alle dichiarazioni dei personaggi coinvolti e alle indagini di qualche valoroso magistrato o poliziotto.
Ma di sicuro tutte queste rivelazioni alla vigilia del 17° anniversario dalla morte di Borsellino non ce le saremmo aspettate.
Per chi ha un pò di familiarità con le cose di mafia risulta immediatamente chiaro e lampante che le stragi del '92-'93 non furono semplicemente stragi di mafia e che, anzi, esse possono benissimo essere paragonate agli altri due grandi misteri che cambiarono (o mantennero tale e quale) l'Italia: strage di Portella della Ginestra e l'omicidio Moro.
Cosa nostra è sempre stata un'associazione criminale, ma certamente non è stata mai così efferata come nell'era di Totò Riina. Ma nemmeno in quell'era si raggiunse mai il livello di violenza e di spettacolarità degli eccidi di Capaci e di via D'Amelio.
Dunque doveva chiaramente esserci qualcosa sotto. Si può ragionevolmente pensare che l'eco dei botti era direttamente proporzionale agli interessi che c'erano sotto.
In questi giorni siamo venuti a sapere del messaggio di Provenzano destinato a Berlusconi e Massimo Ciancimino sta facendo molte nuove rivelazioni in merito a quei giorni convulsi. E' difficile poter dire quali furono tutti gli interessi che hanno portato a quella strage.
Di sicuro Borsellino sapeva e sapeva molte cose. Sappiamo da tempo ormai che proprio in quelle settimane si stava formando l'embrione di Forza Italia: negli uffici di Publitalia infatti Ezio Cartotto, un democristiano di lungo corso, impartiva lezioni di politica ai manager di Publitalia.
Sappiamo anche che l'omicidio di Borsellino all'inizio non era nelle priorità di Riina che avrebbe preferito altri obiettivi. Sappiamo anche che però la decisione di uccidere proprio lui venne presa solamente a luglio. Dunque pochi giorni prima dell'organizzazione effettiva.
Sappiamo che l'uomo che premette il pulsante stava nel castello Utveggio, che chiaramente non è accessibile a chiunque.
Sappiamo che Riina consegnò un papello a Ciancimino, lo ha confermato il figlio di don Vito, sappiamo che questo papello giunse nelle mani di qualche politico importante.
Il fratello di Paolo, Salvatore Borsellino ha più volte chiesto a Nicola Mancino di dire la verità sull'incontro che egli ebbe con il giudice siciliano. Il naturale sospetto, tutto da verificare, è che proprio in quell'occasione Borsellino fosse venuto a conoscenza del papello e che sia andato su tutte le furie, in quanto una parte dello stato aveva iniziato a trattare con la mafia.
C'è chi sostiene anche che la stessa corona inglese, tramite i servizi segreti, abbia avuto un ruolo molto importante. Il movente sarebbe da ricercarsi nelle indagini di carattere finanziario svolte da Borsellino, che stavano forse per togliere la coperta a interessi molto grandi.
Certamente sarà difficile scoprire come andarono veramente le cose. Una cosa però si può dire con relativa tranquillità. Anche quella volta Cosa nostra non ha agito per sua spontanea volontà, non fu una sfida aperta allo stato, come si volle far credere. Riina o chi per lui ebbe certamente delle garanzie e fu appoggiato da qualcuno di molto potente. Certo, fu un azzardo, infatti gli anni successivi furono molto difficili per loro, ma è ragionevole pensare che i boss di Cosa nostra si fossero resi conto che la vecchia classe politica stava crollando, dunque avevano bisogno di trovarne un'altra. La strage di Capaci, ad esempio, impedì ad Andreotti di diventare presidente della Repubblica. La strage di via d'Amelio può aver salvato qualche personaggio importante.
E può aver aperto un'importante linea di credito con la massoneria inglese, coi loro servizi segreti. Non fu certo un momento facile nemmeno per la mafia però. Non possiamo pensare che essi agissero avendo già in mente il succedersi degli eventi.
Bisogna infatti ricordarsi che dopo le stragi la mafia creò un partito, Sicilia Libera, che venne sciolto solamente quando Provenzano decise di appoggiare Forza Italia. Dubito però che la mafia pensasse seriamente a una secessione dell'isola.
Più probabilmente era una maniera per far pressione a qualcuno. Difficile però dire chi, visto che nel '93 l'Italia non aveva praticamente un padrone, con la DC ormai frantumata e il PSI di Craxi trattato alla stregua di un'associazione per delinquere. E con un Berlusconi ancora di là dal scendere in politica, anche se il progetto ormai era in via di costituzione.
Berlusconi però, bisogna ricordarlo, anche se non era sicuro di scendere personalmente in politica era sicuro che avrebbe dovuto farlo il suo gruppo, per esigenze sia economiche sia penali. Dunque sapeva di dover sostenere qualcuno in maniera più forte del passato. Può essere dunque che gli interessi della Fininvest e quelli di Cosa nostra in quel momento collidessero ed è stato forse naturale per i boss cercare proprio la Fininvest, visti i vecchi rapporti Berlusconi-Dell'Utri-Mangano, ma non solo.
Dunque Borsellino perhè è morto? Viste le cose certe e le supposizioni possiamo immaginare che Borsellino sia stato fatto fuori per una serie molto variegata di motivi: proteggere gli interessi della massoneria inglese e, forse, anche della stessa famiglia reale, interessi minacciati dalle indagini nel settore finanziario, presumibilmente legate al traffico di denaro sporco che vedeva coinvolta anche la mafia siciliana. Eliminare un magistrato scomodo, erede di Falcone, presumibilmente futuro capo della Procura nazionale antimafia. Eliminare un uomo rispettato che conosceva bene i segreti di un uomo che, probabilmente o quasi sicuramente sarebbe stato determinante nel disegnare gli equilibri politici del post-tangentopoli. Eliminare un uomo che era venuto a conoscenza della trattativa tra stato e mafia e che dunque poteva essere pericoloso sia per la reputazione degli uomini di stato sia per gli interessi degli uomini di mafia.
Queste probabilmente sono alcune delle motivazioni che hanno portato alla sua morte. Interessi forti, uomini potenti, trame ancora troppo oscure. E sopratutto un rischio incalcolabile per i boss di allora. Per tutti forse, tranne che per uno in particolare. Se facciamo due accostamenti vediamo come Ciancimino, l'uomo deputato a trattare con lo stato era molto vicino a Provenzano. Vediamo come nel 1993 il Riina fu praticamente consegnato alle patrie galere. E come negli anni successivi alcuni poliziotti coinvolti in quella trattativa e nell'arresto Riina favorirono (consapevolmente o no verrà deciso in Tribunale) la latitanza dello zio Binu. Forse dunque quelle stragi non furono volute dallo stesso Riina, ma anche da Provenzano, il quale però intelligentemente, ha fatto credere di distaccarsene almeno parzialmente, guadagnando così una linea di credito per trattare con lo stato. Una linea rivelatasi poi vincente, con il massacro mediatico della Procura di Caselli (che stava falcidiando la mafia di uomini organici all'organizzazione e di politici e industriali a loro vicini), con una politica giudiziaria dissennata, con il progressivo ammorbidimento del 41bis, con il progressivo allentarsi delle indagini e via dicendo. Fino all'altro ieri, fino ai misteri del rinato Palazzo dei veleni dove le carte vengono dimenticate nei cassetti e ai pm viene impedito di collaborare tra di loro.
In attesa di un altro Borsellino.
In sua memoria.

2 commenti:

  1. La pista sulla corona inglese è la più giusta, tutto il resto è puro depistaggio o la semplice cornice di un quadro inquietante, ma, fin quando certi poteri terranno chiuso in un pugno lo Stato italiano di giustizia e verità nemmeno l'ombra.
    A chi gioverebbe?
    A certi eccellenti nomi della scena politica e imprenditoriale? A certi porporati appartenenti ad organi deviati? A certi magistrati che, a loro tempo, strinsero nel modo più vile possibile le mani a degli eroi?

    Roberta Lemma

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  2. Dubito che sia puro depistaggio. Tutte le altre grandi stragi hanno insegnato che non esiste un unico movente o un unico mandante. E ci sono troppe implicazioni con la politica e la finanza italiana per pensare che abbia avuto un ruolo nullo o marginale. In ogni caso se ti va puoi scrivermi una mail con un approfondimento sulla pista inglese, sarei lieto di pubblicarla.

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